Trasloco e Cassa Integrazione

Soundtrack: Devendra Banhart Can’t Help But Smiling

Ho cambiato casa.

Vivo a Monterotondo, adesso, in una casa affettuosamente denominata “loft”.

E’ grande e malleabile. Da aggarbare con gioia.

Sono state settimane convulse e asmatiche.

E’ vero, non ho più molte cose lesbiche da dire. Ho da parlare di miserie italiane e guerre quotidiane che condivido con il 60% della popolazione.

Almeno sono passata da una minoranza ad una maggioranza.

Mi rifiuto di aggiungere un aggettivo quale che sia.

E, comunque, appartenere ad una categoria, alla fine non è una gran bella cosa. Ha i suoi pregi ed i suoi limiti.

Certo, in quanto lesbica, non posso finire in cassa integrazione.

In quanto logopedista operante nel lazio, sì.

Oh bè, son nervosetta.

Parliamo prima delle belle cose.

Questa casa è sociale, è solo mia, è grande, mi fa venir voglia di trovare quelle soluzioni McGyver che ho sempre profondamente amato. Non ne ho preso ancora del tutto possesso, ma ci sono quasi.

Monterotondo, tutto sommato, è uno di quei posti piccoli ma non troppo, dignitosi e autosufficienti che mi piacciono. Se ci fosse il mare…

Il tempo è autunnale, questa grande finestra si apre sugli alberi e un pezzettino di campagna oltre la strada. Va bene così.

Quello che mi porto dietro, da dieci traslochi a questa parte, mi basta per l’essenziale.

La gatta Penelope è talmente abituata, ormai, che non si lamenta neanche più. Amore di gatta vecchia. Sempre più highlander.

A Biancaneve questa casa piace molto, abbiamo qualche incompatibilità nella concezione di arredamento, ma si riesce a mediare. E mi piace che ci sia la sua mano e la sua impronta intorno a me. Mi rilassa.

Inutile dire che la proprietaria di questa casa è lesbica, secondo me, come del resto la sua amica, l’agente immobiliare e la socia dell’agente immobiliare. Un lesbicaio. Tutta Monterotondo mi pare un lesbicaio, però. Forse il mio gaydar si è incantato.

Poi il resto.

Il centro chiude, almeno quello che ho a 80 metri da casa mia. Verremo transumate a Roma, a pochi minuti da dove abitavo prima.

E’ karma questo.

Nel frattempo, nel tentativo si mantenerlo aperto, questo posto, mi ritrovo a conoscere politici vari ed eventuali. Ed ho scoperto cose che non mi aspettavo affatto.

Che sono raggiungibili, questi politici, che non ci vuole molto ad incontrarli e parlarci e chieder qualcosa. Ci vogliono meno dei famosi 6 gradi di separazione.

E che, per la maggior parte, sono viscidi; sono venditori, agenti di commercio e burini ripuliti pure male. 

Qualcuno si salva. Ma pochi.

Lumache che mostrano i muscoli. Muscoli fatti con i pezzi di carta segnati con la croce fatta con la matita copiativa.

Evidentemente per fare politica bisogna essere dei vermi dentro e fuori. Vabbè.

In questa tempesta di vento, cerco di mantenere rapporti e creare conoscenze in vista di un futuro diverso, fatto di qualcosa che sogno e desidero e fatto di qualcosa che serve e migliora la vita.

Forse va in porto, forse no.

Ci toccherà, se non riusciamo a trovare qualche soluzione alternativa, una Cassa Integrazione Straordinaria in Deroga per un mese e mezzo.

L’idea non mi piace.

Prenderò la CIGS come una vacanzetta. Un mese e mezzo di farniente.

Nel frattempo cerchiamo, sindacalmente parlando, di opporci, e scopro che non c’è modo di opporsi a una mazza di niente. Proprio.

Eppure sarebbe logico poter far qualcosa per difenderci. Non siamo mica schiavi, siamo persone che lavorano. Nel mio caso non si può dire che siamo produttivi, però.

Vedremo cosa fare.

Forse vi terrò aggiornati.

Oggi è venuto il docfab a vedere la casa.

Son contenta.

Intorno a me le cose cambiano. Velocemente.

Dentro pure.

Alla prossima

 

 

 

merda

La soundtrack non la posso mettere che sto al lavoro.

Merda e merda.

Sono due gioni che ho pessime notizie che riguardano amiche cui tengo oltremodo e oltremisura.

Eccheccazzo.

Impotenza.

Guardare e non poter fare, sollevare, placare, guarire.

Nessun superpotere da utilizzare.

Gnente. Guardare e basta.

Esserci. Al meglio di me.

Altro non c’è.