Natale

xmas-tree

Soundtrack: The Ramones – What A Wonderful World

Ho sognato che una donna voleva baciarmi. Ho risposto “No, sei ubriaca, non posso”.

Nel sogno.

Mavafanculo.

Ho visto mio padre e gli ho voluto bene.

Per 36 ore. Un tempo rimarchevole.

Sono stata con mia sorella e lei è casa.

Senza dubbi e senza ma.

Ho parlato di mio nonno e ho capito che è stato un gigante, malgrado il suo frac mi vada a pennello. Un gigante che ha salvato la vita alla sua famiglia. Lo racconterò.

Ho capito che passiamo il tempo, i miei parenti ed io, a scappare dalla parola “famiglia” con tutte le forze che abbiamo in corpo e con tutta la rabbia che si possa produrre nei nostri fegati e polmoni.

Ma poi le famiglie ce le abbiamo ovunque. Dappertutto. Con tutti gli altri esseri umani che riempiono le nostre vite; amici, lavoro, amanti, suoceri, fidanzati, casigliani, salumieri.

Una stranezza.

Sono alla colombaia ora. Rilassata.

Pochi regali ricevuti, ma belli. Nessun regalo fatto. Sensazione orrenda di manchevolezza e tirchieria. Insormontabile.

Mangiato volumi di cibo che, insieme, fanno quello che ho mangiato in questo ultimo anno e mezzo.

Niente discoteca stasera, non ce la fo.

Allora auguri in ritardo a tutti.

Perché nei pacchi sotto l’albero bisognerebbe trovare ben altro che oggetti e nastrini.

Bisognerebbe trovarsi tra le mani un enorme vaso di Pandora che contenga quello che serve davvero: più luce, più leggerezza per tutti, più coraggio, più voglia di avventura. Si dovrebbe aprire il coperchio ed essere investiti dalla voglia di fare, di vivere quel che capita, di smettere di dare definizioni, dovrebbe venir fuori un vento che ti attraversi  disintegrando pregiudizi,  paure, ansie da prestazione e che porti via l’eterno cullarsi nell’insoddisfazione senza alzarsi per uscire dalla porta.

Un colpo di reni. Una mano che apre la finestra per fare aria. Una carezza sulla faccia.

Ironia in quantità industriale.

Qui bisogna ridere di più. Ridere in faccia a chi ci vuole male, in faccia a chi ci prende per il culo. Ridere di noi e delle nostre strutture in calcestruzzo albanese.

Questo vorrei regalare a quelli che conosco e anche a quelli che non conosco.

A me, regalerei una vista migliore e il coraggio di baciare una donna ubriaca in sogno.

Happy xmas appena passato, buon santostefano.

 

 

 

Bah!

Soundtrack: Jem They

Ho per le mani una ipotesi di casa ma è difficilissimo prendere una decisione. La casa è cara ma è un tutto-compreso strabiliante. Non riesco a capire se mi conviene o no.

Ci penserò domani, disse una filosofa di inizio secolo. Carta penna e conti del salumier.

Non apprezzate i miei momenti di libero delirio. Me ne dispiace. Ma anche no.

Allora, nei prossimi giorni ho da fare cose che, in genere, non riesco a fare neanche in un mese. Una gran testa di cazzo, vedremo di migliorare.

Ho avuto, ier sera, una conversazione illuminante con la Cugina. L’Icona di famiglia.

In ogni famiglia, credo, esistono ruoli assegnati, figure retoriche (a volte anche figure di merda) e inamovibili opinioni su ognuno dei componenti.

C’è l’estroverso, l’originale (che, perlopiù, è quello che nessuno capisce bene e si comporta in modo piuttosto inconcludente, ma gli si vuole troppo bene per dargli del disadattato), il superintelligente, quello che “più di tanto…”, quello chiuso, quello che fa sempre casini e quello che li risolve tutti, il ribelle fino a 80 anni, il pragmatico pure in pieno alzheimer, lo studioso, il fancazzista. E non importa se sei stato una testa di cazzo per 30 anni e poi sei diventato presidente della General Electric a 31, resterai sempre la testa di cazzo e, viceversa: hai preso tre lauree e poi ti sei sfrantumato il cervello a botte di crack? non importa, sei quello intelligente e capace (in un momento difficile però, anche se dura da 25 anni).

Immagino valga per tuttissimi.

Noi non siamo tanti, in verità, quindi è necessario rivestire un paio di ruoli a testa. Per sfangarla con stile abbiamo anche aggiunto elementi esterni. La famiglia allargata si forma per necessità di questo tipo, non certo per generosità.

Abbiamo avuto di tutto un po’, con una forte propensione per ruoli statici, contrastanti e in odore di disordine mentale (lo slash divide i due ruoli fondamentali rivestiti da ogni singolo componente):

  • La studiosa pacata cazzi suoi/refugium peccatorum – che sta per: “risolvimela tu”;
  • la fancazzista iperreattiva/creativa ed emotivamente espressiva – che sta per: “la lesbica”;
  • l’icona iperintelligente algida/fantasiosa tormentata – che sta per: “vive in un altro mondo”;
  • il manager/sognatore maldestro – che sta per: “sarà mica ricchione?”;
  • Quella che “meno male che non ci arriva che sennò non ce l’avrebbe fatta”/la sopravvissuta – che sta per: “le sfighe tutte lei”;
  • ill tossico psicopatico/il bravo ragazzo – che sta per: “non è colpa sua”; 
  • lo scambio in culla perché troppo diverso da tutti (è persino diventato ricco!)/ – lui solo questo;
  • la depressa cronica immotivata/la viaggiatrice – che sta per: “ma che cazzo di lavoro fa?”;
  • il bello e dannato sfigato/spacciatore di fidanzate bonissime – acquisito;
  • la psicolabile bona/attualmente badante del pater – acquisita.

Negli anni ci siamo ridotti, ma lo zoccolo duro (essenzialmente le femmine) resiste tenendosi stretto il proprio ruolo familiare.

Non si potrebbe sopravvivere ai meccanismi familiari, altrimenti.

Ovviamente nessuno è così. Nessuno è statico, nessuno è fermo al palo da 40 anni, nessuno si sogna di vedersi con tale scarso realismo e cecità indotta.

O no?

 

P.S. La foto è della mia famiglia.

Ora

Soundtrack: Feist – Past in Present

Mi sento come quei castorini che tirano fuori la testa dal buco mentre la gente li prende a martellate sul cranio per farli ritornare giù. Ma anche come una che ad ogni angolo coprono con un cappotto e riempiono di mazzate. Come se stessi in una stanza buia e mi arrivassero randellate sulla nuca da tutte le parti.

Credo il concetto sia chiaro e ben spiegato.

Mi si dice che sto involvendo, mi si dice che mi allontano dalle persone che amo, mi si dice che ho bisogno di uno psicoterapeuta (e questo me lo dice uno psicologo e sottolineo psicologo), mi si dice che fuggo, mi si dice che sono compulsiva, mi si dice che mi comporto come se avessi 20 anni e che fa schifo a vedersi, mi si dice che non ho uno straccio di lucidità, mi si dice che sono distruttiva e autolesionista, mi si dice che ho perso la misura.

Mi viene solo da nascondermi in un buco. Nero profondo e pieno di cose che non vedo. Un buco già abitato che proprio rifugio non può essere.

Io non so più distinguere tra quello che penso io e quello che gli altri, gli amici, le amanti, la famiglia, mi dicono. Ho perso il confine.

Ho la sensazione di fare cazzate. Ho la sensazione di fare cose che non piacciono a chi mi sta intorno, ho la sensazione di essere sotto tutela e sotto esame. Ho la sensazione di essere sbagliata.

Mi fa orrore. Mi fa confusione. Mi fa fuggire. Mi fa venir voglia di infilarmi nell’unico buco disponibile che conosco. Sapendo quanto costa e cosa rischio. Non volendo fare la stessa fine di sempre. Non riuscendo ad alzare la testa e guardare avanti per la paura di sentirmi dire, ancora una volta, che non va bene.

E davvero non va bene. Davvero non va bene?

E’ questo il punto. Valgono entrambe le cose. Nello stesso momento.

Sticazzi.

Ho 45 anni, quante volte lo dico e quante volte lo sento dire. Poche responsabilità, miserabili certezze, vivo in una città che continuo a non mappare, non so cosa può succedere domani. Esco dalla devastazione classica di una lunga storia sentimentale finita una mezza chiavica. Ne sono uscita per rabbia e per orgoglio. Non ho nemmeno idea se sono in piedi o striscio sui gomiti, ora che è tutto definitivamente chiuso. So che non voglio morire dentro un’altra volta, non voglio quella cosa vischiosa che ho scambiato per serenità lungo tre anni della mia vita e della vita della donna che avevo accanto.

Ho gli amici – perlopiù lontani -, il mio branco familiare – parte lontano e parte avviluppato ai propri reali e indiscutibili problemi personali -, un lavoro – che da mesi non mi da certezza di stipendio -, una casa – la terza a Roma, la settima in generale, e si prospetta l’ottava a settembre – e la consapevolezza che è così che funziona da 27 anni a questa parte, inutile stare a pensarci.

Acting like a teen ager. Why not? perché nun se pò guardà. Ma l’alternativa che vedo io è restare a casa a leggere saggi storici con gli occhiali da presbite e le pantofole a forma di coniglio, andare per mostre e teatri, fare ginnastica dolce che sai, ad una certa età mica puoi esagerare e mangiare senza sale e con pochi grassi che sennò colesterolo e trigliceridi salgono alle stelle. Rischi l’infarto tesoro. E l’ictus. E il cancro ai polmoni se fumi così. E trovati una compagna saggia e tranquilla, capace di condividere e non spaccare le palle, trovati un rapporto sereno, pacifico, costruttivo, condivisibile, che è arrivato il momento. Find a girl, settle down… Ma io NON voglio questo, mi si spieghi cosa altro c’è, please.

Santa pazienza, mi pare una pezzo da 17enne, questo.

Comunque, mi sembra chiaro che non ho le idee chiare, mi sembra ovvio che sono in fase reattiva/emotiva a cose che sono arrivate solo ora – e vagamente – alla mia coscienza, suppongo che sia un periodo, capisco l’ansia affettuosa di chi mi sta intorno, capisco chi mi dice che scivolo troppo velocemente. Capisco la mia mancanza di coraggio nel dirmi le cose come stanno, persino il mio imbarazzo.

Di certo non serve a un cazzo, per ora.

Mi sa che vado dallo psicoterapeuta, và.