Il mare e il corpo

Oggi dovrei andare al mare. Per la prima volta quest’anno.

È un momento sempre difficile. Il rapporto con il mare e il costume ha una serie di variabili che cambiano, spesso involvendo, di anno in anno.

Prima di tutto, sono una ragazza del sud, ho il mio mare dentro. Ho le mie profondità interiorizzate, i colori, le poseidonie, gli scogli, il sapore del sale forte e bruciante.

Andare al mare da queste parti, di conseguenza, ha un che di avvilente. Acque torbide, quasi dolci, nessuna profondità e il blu ed il verde sono chimere. Ti devi accontentare del marroncino terra di Siena e ocra gialla.

Già così, si fa fatica.

Ma poi c’è il corpo. Il CORPO. Quale? Questo qui non è il mio, non so di chi è e da dove sia venuto. Mi fa fatica portarlo in giro e renderlo visibile.

Succede una mattina: vai allo specchio per lavarti la faccia – sono una selvaggia, uso il sapone – e vedi una perfetta sconosciuta.

Un bulldog con la barba, un papavero spampanato, un alieno grigio con le macchie e l’espressione di un pugile suonato. Ma chi cazzo sei?

E le forme? Da dove vengono? Dove sono finite le fasce muscolari? Quando sono sparite? E sta panza demmerda?

Per una cui dicevano, fino a pochi anni fa, che avrebbe potuto fare pubblicità alle creme per il viso, è un trauma

E il tempo improvvisamente si divide un prima e dopo: quando eri tu e quando un ultracorpo prende possesso di te.

Che poi, per ognuna/o di noi esiste una età ed una immagine di sé ferma nello spazio e nel tempo, un qualche momento di “gloria” fisica, mentale e sociale. Ed è quella faccia e quel corpo che ti aspetti di vedere allo specchio la mattina. Quella, non questa qui. Quella.

Un vecchio nemico di famiglia chiamava tutto questo: “il complesso del verme”. Ma, all’epoca durava un giorno, adesso tutti i giorni tutto il giorno.

Esercizi di Recupero

Qui necessita recuperare l’abitudine e l’attitudine alla scrittura quotidiana. E allora, anche se non sono sicura di avere qualcosa di rimarchevole da scrivere, meglio iniziare.

Sono cambiate tante di quelle cose da quando ho smesso di prendermi cura di questo blog, che non so da dove iniziare.

Sono alla mia scrivania, un regalo di mia zia e dei cugini; legno tosto e pesante e ben 4 cassetti per organizzare maniacalmente la mia cartoleria e tutti i documenti utili. Ho smesso di fare la logopedista – troppo vecchia, troppo stanca, troppo annoiata dagli stessi copioni e comportamenti e reiterazioni – e mi occupo di gestire lo studio.

Incapace è dire poco. Fare i conti è croce e delizia della vita mia. Mi soddisfa l’ordine che danno i numeri, i risultati, i fogli excel che fanno tutto da soli e tutti i meno i più e il rosso e il nero e i rettagolini ordinati e definiti.

La pace della mente proprio.

Ma resto una incapace, non so bene se discalculica o più probabilmente ignorante e con difficoltà conclamate nel ragionamento logico.

Odio amore per quello che ho cercato tutta la vita. Autoflagellazioni e trionfi narcisistici, perdite di sonno (ad avercelo avuto, il sonno, nella vita), e crisi di iperefficienza, giornate “non ho voglia” e giornate che mi fanno crescere di due o tre centimetri.

Sono la più vecchia, qui. L’unica digitalizzata e la sola con 35 anni e passa di esperienza alle spalle e finalmente mi pare di poterne fare qualcosa.

Non so voi ma io ho passato la vita cercando di fare di me una persona di sostanza. E quando sono arrivata in un qualche punto che mi è sembrato soddisfacente, mi sono accorta che non avevo che farmene di tutta questa “sostanza”.

Niente. Nada. Nisba.

Non che io mi penta, solo mi sembra sprecato tenere quello che ho imparato per me. Senza condivisione, (ed è una citazione), non c’è gioia.

Fortunatamente, essendo la capa, qui, sono costrette ad ascoltarmi.

E so’ soddisfazioni.

Mi si chiede

Mi si chiede di continuare a scrivere su questo Blog.

Ci sono difficoltà banalmente logistiche – non ho internet a casa e dovrei usare il cellulare – altre dipendono dalla “disabitudine” ad immaginare i post, così come mi accadeva in passato.

Comunque, mentre ci penso e valuto, cambierò il sottotitolo (non il nome e non l’icona) perché essere una lesbica vintage strepitante non è cosa che mi appartenga più.

Sono una donna in menopausa da tempo (argomento interessante, del quale si parla poco e che meriterebbe qualche approfondimento e condivisione), appaciata nel lavoro – sarei una imprenditrice, adesso, ma anche di questo si potrebbe parlare -, Biancaneve è ancora al mio fianco, faccenda stupefacente.

Sono pigra e vivo in un paesello pigro e le mie interazioni sociali sono ridotte. No, non ridotte: pressoché nulle.

Sfogo il mio bisogno di scrivere su facebook, con frammenti di memorie e litigi furiosi con omofobi, razzisti, leghisti e carogne varie. Mi si consiglia di lasciar perdere, non si arriva da nessuna parte.

Vedremo.

Detto questo, intanto cambio qualcosa al blog, come detto.

Buona giornata a voi che ancora passate di qui.