Mi piacciono le stronze

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Soundtrack: Waldeck defences

Evidentemente.

Da sempre.

Se penso alle donne delle quali mi sono innamorata, la maggior parte erano delle stronze.

Che esercitano su di me un fascino invincibile.

Le stronze sono quelle che di solito non sopporta nessuno. Quelle fredde, distanti con superbia, le donne che non si danno, che si mostrano sempre un po’ più fighe e un po’ più intelligenti degli altri. I quali altri non possono capire e non meritano cotanta grazia.

Ci vedo cose speciali solo io.

Io vedo la crepa. Vedo la lesione da cui esce il comportamento femminile stronzo.

E mi innamoro di quella spaccatura slabbrata e polverosa. Puntualmente.

Una copromane sentimentale…

Mygod che definizione orrenda.

Nel freddo vedo la fatica di contenere l’esplosione lavica. Immagino i lapilli e la colata rossa e nera. So che c’è, so che se la tiri fuori è la fine del mondo. Delirio di onnipotenza, il mio, perché la vera stronza te lo lascia pure intravedere il fiume di lava, forse lascerà andare il vulcano per un po’, solo per un po’. Ma tornerà il gelo, prima o poi.

Nella distanza vedo la paura. La paura del giudizio e l’evanescenza che ne consegue per deduzione. Non è distanza potente, è distanza di sicurezza. Mi fa tenerezza. Profondamente. E la superbia mi sembra nasconda l’orrida immagine di sé che si annida in qualche specchio lungo la parete.

Mi appaiono fragili come calici di baccarat. E desiderabili come minuscole e colorate bacche tropicali.

Dimenticando che le bacche possono essere velenose.

La prima ragazza della quale mi sono innamorata consapevolmente era, appunto, una stronza. Adesso mi pare faccia la giornalista televisiva. Pensa te.

Metà delle donne con le quali mi sono accompagnata non le sopportava nessuno. Nessuno dei miei amici.

Forse più della metà.

Ma perché?

Oh.

Questo post l’ho scritto il 23 e lo pubblico oggi per motivi che non conosco. Sono di pessimo umore. Per motivi che non conosco. Sono piena di dubbi. Per motivi che non conosco. E manco li voglio conoscere.