Back to Pilate’s feet

antartide

Soundtrack: The Brand New Heavies Surrender (peccato Biancaneve non parli inglese)

Difficile a dirsi. Farraginoso da digerire.

Comunque.

Cena da me con la Alice e Da Queen. Di tutto un po’.

In particolare, guardando dagherrotipi d’epoca, la Alice ha notato quella della mia primina (c’era un tempo nel quale i bambini sotto i sei anni venivano spediti in una classe preparatoria alla prima elementare, volendo, e per me lo si volle, si saltava poi direttamente in seconda previo esame).

In codesto dagherrotipo si può notare:

A – che sono vestita da David Crockett alla festa di carnevale;

B – che la scuola si chiamava “EcoLELLA”.

Detto questo, ho detto tutto.

 Mio padre torna. Come una peperonata con olio calabrese.

E resta. Aleggiando da fantasma quale è. E con un gran fracasso di catene.

Storia trita come il bolo di una mucca al pascolo.

Ma non ne esco, pare. Non perdono, pare. Non dimentico un nanosecondo di quelli che lo vedono presente.

Presente è una parola che non si accorda con “mio padre”. Ma neanche assente. Ci vorrebbe un neologismo tipo “malpresente”, “pesassente”. Qualcosa di adatto solo a lui.

Ascolto nipotazza dire che non sente di avere nulla in comune con lui e non posso che darle ragione. Non ho che risponderle.

Chi è?

Uno che ha imparato a perdere perché ha perso tutto. Tutto.

Infanzia, adolescenza, mogli, soldi, luoghi, posizione, riconoscimenti, case, affetti, amici. Qualsiasi cosa.

Anche le figlie. E questo forse non lo sa.

Cerco di far scorrere la sua vita davanti ai miei occhi, ma non trovo le giustificazioni e l’umanizzazione che cerco.

Ancora rabbia e rancore. Non dovrebbe essere così.

Non – dovrebbe – essere – così.

Dovrei poter vedere un uomo che ha fatto la sua vita. Che ha avuto un imprinting di quelli che ti si piantano in faccia come l’orma dello stivale di cuoio di un soldato tedesco. Che ha fatto quello che ha potuto, lottando con le sue paure, i suoi fantasmi, i suoi morti e la sua ansia di vita. E’ lui quello che ha imparato a giocare a tennis con la sinistra perché la spalla destra era lussata. Lui quello che ha iniziato a sciare a 50 anni. Lui che ha operato da chirurgo con un tendine mancante per 40 anni. Lui che ha seppellito due mogli. Lui ha fatto nascere centinaia di bambini anche alle 4 del mattino. Lui ha lottato per essere un buon medico. Lui e le lotte politiche da socialista vecchio stampo. Lui toglieva le fiocine infilate nei piedi dei pescatori incapaci sulla spiaggia di Positano.  Conosce il nome dei venti e me li ha insegnati. I nodi da marinaio che ho dimenticato. Mi ha messo davanti l’atlante anatomico per insegnarmi la differenza. Lui che ci faceva giocare con un feto umano di qualche settimana in formalina (una lunga e piuttosto inusuale storia, questa). Lui che mi ha prestato la BMW a 19 anni e fatto guidare il Boston Whaler a 12. Mi ha pagato 5 anni di analisi freudiana trisettimanale (chi rompe paga e i cocci sono suoi). Ha invitato me e le mie donne al cinema, in vacanza, a cena.

Rozzo e maleducato. Amato misteriosamente da ogni donna che ha conosciuto (non lo so quante, non lo voglio sapere). Diretto come un bambino selvaggio. Irascibile e aggressivo come un’orso bruno. Incapace di formalismi ma maniaco della formalità. Primogenito maschio ebreo. Inabile agli affetti mostrati e dimostrati. Digiuno di tutela. In coppia sempre, ma in famiglia mai.

Le sue fughe a far la guardia in ospedale a Natale e per ogni festa comune. Le urla e gli insulti ad ogni linea di febbre di una di noi. Difficile distinguere tra rispetto per le libertà dei singoli familiari e l’assoluta strafottenza dei cazzi altrui. Non regge l’alcol e gli parte un singhiozzo irrefrenabile e incredibilmente comico.

A volte ha gli occhi dolci di un cucciolo tranquillo. Ma è stato il mio peggior incubo e terrore per 20 anni. Terrore assoluto. Ha avuto nomignoli atroci regalati dai miei amici (Herr Professor, Donzauker).

Non ha mai memorizzato i nomi dei miei amici. Neanche i miei lavori. Chiedigli i soldi per le vacanze, li avrai. Chiedigli i soldi per sopravvivere, non li avrai. Chiedi aiuto, avrai una faccia contrita che risponde “non posso, ora proprio non posso”.

Ha fatto di me una persona libera da legami familiari ad un prezzo tale, che sono 40 anni che pago il mutuo a metà con mia sorella.

Tasso variabile.

Non è stato un grande affare.

 

 

21 pensieri riguardo “Back to Pilate’s feet

  1. vorrei chiederti di “dirimere” (come hai fatto con l’albero di natale) e descrivere ogni singolo ramo di questa storia; non per sapere come va a finire ma solo per il piacere di leggerti. Tuttavia non so quanto male ti faccia tirarle fuori e quindi non voglio chiedertelo. E purtuttavia penso che in qualche modo ti faccia anche bene tirarle fuori (forse è il tuo modo di mettere in ordine l’armadio mentale) per cui spero nelle prossime puntate. D’altra parte, come hai scritto altrove a proposito di altro, tu hai i tuoi tempi. Ma vorrei vederti quanto prima da Fabio Fazio che ti intervista per essere l’evento letterario dell’anno.

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  2. tu sai come la penso.tu sai quanto io difenda te.e lui.entrambi vittime.entrambi “colpevoli”.entrambi fantasmi.entrambi figli.il mio bene non può sicuramente nulla.ma quando ci guardiamo negli occhi e raccontiamo,sono sicura che ci sentiamo un pò meno sole.e l’arto fantasma che ancora prude, possiamo grattarlo insieme.non credo sia questione di perdono, credo sia questione di attimi. anche io non digerisco “ma è triste!”…e tante altre…però è vecchia e io no. “se siepe sei, siepe devono crederti”-citando… buongiorno ECOLELLA!!!

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  3. Amori miei bellissimi:
    @Alice: ma si può volere così bene a qualcuno in soli due mesi? e poi era “se ti credono siepe, siepe devi essere”, ma lui non ha idea, non mi vede. Leggiti le lyrics di ‘sto pezzo e dimmi se non è PERFETTO!
    @tribus: evento letterario me pare nu poco eccessivo, sarà per un’altra vita.
    @Dandy: fino ad ora avevo dimenticato di linkarti. Oggi l’ho fatto.
    @Nelson: leggere post alle sette di mattina non deve essere un’attività semplice. Ritenta!

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  4. ovviamente villa arzilla ci ha messo 3 ore per capire che dovevo leggere le parole della canzone…e invece ho letto il pezzo 3 volte, per capire per cosa fosse perfetto!!!! ahahahahah… direi che questo pezzo è la sintesi:
    “Have you ever tried resisting
    a feeling left you reeling,
    cause you realized that you’d been
    playing safe for so long?”
    ci vediamo tra un pò!!!

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  5. E pero’ talvolta è stato capace di grandezza. La sua stessa vita, nella parte almeno che il destino ha scelta per lui, rispecchia senza drammi, quasi con compostezza, le tragedie del secolo in cui è vissuto. Ha un tratto comune con altri correligionari della sua generazione: mai parlare di ciò che sarebbe potuto loro accadere, mai rievocare. I loro familiari piu’ stretti possono sapere qualcosa solo durante il loro sonno se un incubo fa la grazia di sciogliergli la lingua. Perche’? Ne abbiamo parlato, P., temo sia il senso di colpa per essere sopravvissuti. E i figli? Beh, si ereditano anche i debiti, no? Un abbraccio.

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  6. mi infilo in punta di piedi, sussurando, perchè è uno scritto così intimo da farmi tremare i polsi dal timore di disturbare. mi infilo solo per bisbigliare “e se non il quid non fosse perdonare ma accettare”?

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  7. anch’io quasi quasi chiedo scusa per essermi intromessa….i rapporti con i padri sono complessi. Si, non mi viene altra parola, da una che ha avuto il suo rapporto complesso col padre ma che ora sta tentando di recuperare, perchè in fondo io voglio recuperare!

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  8. no, in questa vita, che c’è ancora tanto tempo davanti e che poi magari nella prossima manco te lo ricordi che cosa sapevi fare e le esperienze che hai fatto e che poi mi invece mi diventi una radical-chic in perfetto stile bignardesco.
    E poi non mi sembra affatto di esegerare: ho detto evento “dell’anno”, mica ti ho fatto entrare nell’olimpo degli scrittori che non puoi morire che se non hai letto qualcosa di loro.
    Devi raccontare ancora molte cose di tua nonna, prima… 😀

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  9. Storia trita come il bolo di una mucca al pascolo. Ancora rabbia e rancore. Non dovrebbe essere così.

    Forse è l’importanza che si dà alla famiglia, alle figure dei genitori, veramente non conosco la cultura ebrea, ma io Penè sono per l’individuo -o l’individua- cioè la famiglia sì è importante, sennò quando nasci come fai a sopravvivere, chi ti insegna a parlare, chi ti accompagna a scuola la mattina? E’ anche un po’ pericolosa perché crescendo ti dà degli insegnamenti che forse dopo rifiuterai, che non avresti voluto avere…certi comportamenti ti si attaccano addosso così inconsapevolmente.
    Inutile dire che c’è di peggio, che tutto sommato di che ti lamenti… un uomo non ha voluto farti da padre ma ti ha insegnato diverse cose. Sappi che avere un buon padre è un’eccezione.
    E’ vero tutte le contraddizioni che ti ha sbattuto in faccia ti hanno ferita e ti si sono riversate contro, finchè poi mi pare hanno costruito in te delle profonde bellezze.
    Voglio dire a un certo punto quando diventi fisicamente capace di pensare a te, dopo che hai sudato la tua libertà psicologica-emotiva con tanto lavoro trisettimanale, riconoscendo piano piano in quel confuso spazio cosa ti appartiene e cosa vuoi, a quel punto la vita che scegli -certo con tutte le difficoltà di un’economia a tassi variabili- non può più essere influenzata negativamente dall’idea di tuo padre.. ti rendi conto?

    Scusami penserai ma questa che vuole chi la conosce come si permette…
    Ma sentivo di scriverti dopo tutto quello che ho letto l’altro giorno mi sono divorata queste pagine, credo che le difficoltà ti abbiano scolpito quella sensibilità e quell’ironia da vera banana che non capisco perché e cosa aspetta ancora quella gran culo di Biancaneve

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  10. Che sia chiaro che non volevo offendere, eh! Adoro Penelope con tutte le sue sfacettature (alcune irresistibilmente femminili…)
    Penso solo che raccontiamo solo quello che conteniamo, e forse pensare l’impensabile aiuta a scorgere un’altro punto di vista.
    Peace&Love

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