Soundtrack: vale sempre Surrender dei brand new heavies
QUESTO POST VIENE PUBBLICATO SOTTO COERCIZIONE DI ALICE E R** CHE SONO ENTRATE NEL MIO BLOG E HANNO ANCHE SCELTO LA FOTO.
Ma io ti sento.
Anche se non so dove sei. Anche se non allungo la mano per saperlo, Anche se ascolto i consigli saggi del Generale Patton e mantengo la mia posizione con le unghie e con i denti.
Meravigliosa dimensione, la fantasia.
Nelle fantasie sono un gigante che gioca con le tue perplessità. Un mastermind che si diletta a rigirare tra le dita le involuzioni del tuo mondo verbale.
Fantasie.
Corpi.
Pelle.
Sangue.
Sfioro le vene delle guance. Seguo i profili a tratti appuntiti a tratti stupefacentemente morbidi. Non voglio guardare, voglio memorizzare con le mani. Non è l’immagine che cerco, è la durevole memoria di una sagoma percorsa atomo dopo atomo con le dita delle mie mani. Quella non si dimentica.
Ti ghiacci?
Ho le mani calde. Qualche minuto ancora e l’acqua può cominciare a scivolare sul pavimento.
Ti avvolgo di spalle. Non è il caso di mettere paura, ne abbiamo abbastanza da superare anche così.
Quanto ci metti ad allungare il collo e rovesciare la testa? quanto?
Quanto ci metto io ad infilarmi nella scollatura che concedi con troppa parsimonia?
Il tempo necessario per vederti chiudere gli occhi.
Togliere il troppo non è mai facile. E’ una alchimia delicata di tempi e flessibilità. Non si può spezzare il momento o tutto è perduto.
Movimenti leggeri, precisi, balistici, equilibrati. Lenti.
Le collane restano, sono un gioco interessante per gatte curiose.
Il resto può scomparire nel nulla e senza educazione.
Ho il peso del tuo calore tra le mie braccia e i tuoi capelli sulle mie spalle.
E’ un rito animale, mi porgi il collo teso e bianco. Ti arrendi. Ho le vene sotto i denti. Non morderò, non ancora.
Attraverso ogni scanalatura, assaggio i confini di ogni territorio a mia disposizione. Abbastanza da stimolare la tua gola e sentire i primi suoni possibili. Quelli che sfuggono bassi, sussurrati, timidi, spezzati.
Mi vuoi di fronte, lo so. Ma non ci sono ancora. Probabilmente non ci sarò. Resto nascosta e divento solo mani e labbra e lingua e braccia. Sono quello che tu vuoi.
E quando la richiesta della tua voce diventerà quello che io voglio, esattamente quello che voglio, asseconderò le tue preghiere con mani che non conosci, con movimenti che non conosci, con un piacere che non conosci.
Da qui posso giocare con quello che mi sta aspettando e posso giocare fino a sfinirti.
Posso insegnarti cosa fare con la carne che urla, cosa fare con il sangue che scorre e vibra, cosa fare con due dita di esperienza.
Resta appoggiata sul mio petto, restaci e spingi forte fino a farmi tremare i muscoli delle braccia. Resta e quando sarai costretta ad allungarti e piegare la tua schiena io sarò il tuo muro caldo.
E voglio sentire la voce. Voglio ascoltare il piacere tra le dita e tra le orecchie senza freni e senza censure. Voglio restare immersa nelle onde meccaniche e sonore del tuo piacere fino ad assordarmi mentre affondo i denti nelle vene del collo.
L’ultima scossa elettrica che ti attraversa, colpisce le mie mani che ti appoggiano sul letto. Lentamente, delicatamente, con cura. Tiro su la coperta.
Hai sete?