Soundtrack: Rolling Stones – Anybody Seen My Baby
Sono a Napoli.
Parto domattina all’alba avendo combinato un casino per via della mia demenza senile allegramente avanzante (ho ben due amiche a Roma, una non la vedo dagli anni 80, ci ho vissuto negli Stati Uniti, l’altra è l’unica che può capire, perfettamente, il mio stato d’animo attuale).
Quando vengo qui cammino per ore senza farci caso. E mi sparo i cinque allucinanti piani per arrivare alla colombaia senza neanche troppo sforzo.
Mi sono addormentata nel pomeriggio sul divano guardando i tre denti del Faito.
Una giornata splendida. E calda.
Ho comprato un borsalino nuovo. Identico. Non l’ho trovato di altro colore. Assolutamente identico ma nuovo. Una ossessione penelopesca.
Non sono andata da mio padre come mi ero promessa e ripromessa. Non ce l’ho fatta.
Ho dormito. Nella mia narcolessia da evitamento tipica.
Dovrò perdonarlo prima che muoia (io o lui?). Credo di doverlo fare ma ben poche cose mi aiutano a coltivare questo dovere. E non si può perdonare per dovere. Bisogna sentirlo.
Con il doc Fab siamo chiusi in casa da due giorni. Non ci viene di uscire. Capita che qualcuno passi di qui e si fermi. Ma stiamo bene nei nostri silenzi e negli scoppi di chiacchiere sintetici e intensi.
Abbiamo fatto l’albero insieme. E’ una bella sensazione. Mi piace fare l’albero e qui dai favolosi è particolarmente divertente. Il numero di palline da sistemare è vicino alle 9 cifre. Tipico del docfab e del suo concetto di quantità minima necessaria.
Tre ore a dirimere rami, sistemare lucette e attaccare palline colorate. E’ bellissimo e sono ben felice di averlo fatto qui. Che resta il mio posto dove tornare. Il posto dove fare il pieno assoluto di calore e tranquillità e energia e quiete.
Casa.
Sempre di più e persino senza il fab1.
Quindi non è la città che mi ricarica. E’ questo posto, senza dubbio.
Sono sul computer del doc, non oso immaginare che musica ci troverò. Ha degli strani e variegati gusti. Vedremo.
Napoli è un carnaio di umanità incazzata nera. La bellezza delle donne affacciate ai vasci (=bassi, N.d.T.) è commovente. Ma non bisogna guardare, neanche nascosti dallo schermo di occhiali scuri. Se ne accorgono e si incazzano come varani. Rischiosissimo.
In questa città uno sguardo diretto è un guanto di sfida che va raccolto prima che cada. Mi chiedo di cosa si abbia costantemente paura.
A vederla da fuori è affascinante come una puttana francese di mezza età. Ha molto da raccontare, ma nun se po’ guardà.
Nei miei pensieri una tromba d’aria in perenne movimento circolare.
E’ tutto inventato. No è vero e questo è pericolosissimo. La voglio. Non mi vuole. Non la voglio. Mi vuole? Ha letto il mio blog?
Non lo so. Non ne ho idea.
Domani vado ad uncontrre una vecchia amica, come detto. I** è stata la mia collega per tre anni al corso di logopedia, mi ha fatto studiare e lavorare venendo a casa mia la mattina presto per svegliarmi. Sono andata con lei a Bethesda e abbiamo vissuto insieme per sei mesi. Il mio primo volo l’ho fatto con lei. Un’amica per un tempo importante e particolare della mia vita. Non ci vediamo da quasi vent’anni. Vuole farmi vedere i suoi figli.
Certo che ho un gran culo, sempre trovato amici/he disposte a trascinarmi per farmi fare cose che mai e poi mai avrei fatto senza un raggio traente.
Buonanotte.
Reputo che, senza soldi, senza amici, senza amore, ci sia solo una cosa importante per un individuo: un posto in cui tornare. Lo capì perfino quella stronza di Rossella O’Hara.
Accussì si napuletana Penè? Iornò, però me l’hai fatta vedere sta Napoli.
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Io con la testa sono già la’, ma leggere questo post fa di un desiderio un’esigenza. A presto.
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Bella, intensa, interessante scrittura. Ennesima conferma che Napoli ha femmine di classe, intense, magnifiche. Indipendentemente dalla classe sociale, dal credo politico o religioso, dall’orientamento sessuale. Credo che leggerò varie altre cose tue nelle prossime settimane.
l.s.
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ohh bè, un momento commovente direi…
Benvenuto Luca Spoldi.
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Bentornata 🙂
Dico sempre che le persone sono di due tipi: c’e’ chi traina e chi si fa trainare.
Io non ho nessuna voglia di fare l’albero.
E’ natale?
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ok penè, sei ufficialmente la prima ebrea che fa l’albero. mia madre – quando da piccolo le chiesi se potevamo farlo anche noi – mi disse: “Ma ti ha violentato il prete?”. Avevo 8 anni.
Che vita.
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Grazie grazie, Mork.
Sarcò, io sono halfjewish e faccio anche il presepe. Un anno lo volevo fare con i militari che sbarravano la strada alla grotta. Non me lo hanno fatto fare. Eccessivo, mi si disse. Mi sa che anche se fossi alljewish, li farei lo stesso.
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Non mi riferivo solo a questo post Penelope, ma in generale al blog. Interssante è l’aggettivo che mentalmente ho associato ad esso e alla sua autrice, ossia te…
Per Napoli non posso che avere “commozione” io stesso visto che mi ci sono trasferito da nove anni dopo trentadue di vita tra Piemonte e Lombardia e che non ho alcuna intenzione di andarmene (sia pure tra mille “smadonnamenti” e momenti di ira pura che solo questa città riesce a provocarmi… quando ci guardiamo negli occhi sfidandoci).
Bella l’idea del presepe coi militari, “a prescindere” dall’essere jewesh o meno.
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Mia sorella ci mette i giochini degli ovetti kinder e te non ci puoi mettere i militari? Boh, non c’è più religione…
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“A vederla da fuori è affascinante come una puttana francese di mezza età”…. ?
direi un trans superdotato che quando può usa l’arnese che madre natura glia ha fornito! (più signore di così non riesco ad essere!) se vuoi parla o’ frances’!!
Solo la lontanaza, chè si sa è come il vento, ti può far vedere la città così!
alfonsodiritornodamilano.
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I militari davanti alla grotta…sìsìsìsìsì
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Lo so, Alf, è la distanza che spalma miele sullo stomaco peloso. Meglio no?
Omaha, pensavo fossi morta, invece eri su fb…
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Ma Penelope sarà una realtà o un’affascinante costruzione letteraria?
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una costruzione letteraria. Di buon livello, direi.
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