Soundtrack: Teresa De Sio – Voglia ‘e turnà
La vetrata è aperta sul vecchio padrone violaceo che non si vede, oggi.
La foschia è un velo pesante che lo copre fino a farti illudere che esista un est, in questa città.
Il mare aggiunge un effetto Parkinson alle luci del Golfo.
Bianche, gialle, arancioni. Senza ordine, senza percorso.
Il mare appoggia l’odore dei suoi frutti su uno scirocco pigro e slabbrato.
Dal cortile salgono accenti arabi urlati in cantilene saracene. Non c’è modo di tradurre.
Ma la ferocia si lascia comprendere perfettamente.
La folla è densa, ampia, grassa, invadente, senza confini.
Le donne sono donne.
Gli uomini si guardano intorno costantemente come prede consapevoli.
Il rumore è continuo, ininterrotto ed è fatto di gole e lingue e auto e camion e asfalti accartocciati e motorini e clacson e canzoni e litanie.
Gli odori li conosco. Sono ancora uguali. Sono ancora fatti di pranzi domenicali interminabili e pesce da pulire e friggere. Migliaia di pentole piene della stessa cosa.
Dietro all’angolo qualcosa è stato rifatto, ricostruito, modificato e ti blocca i battiti. Sembra bello.
Ma qui niente è mai bello troppo a lungo. La bellezza è un nemico, un fastidio sgradevole, la prova che potrebbe essere quello che non è. Bisogna rimettere le cose in equilibrio.
L’energia sotto i piedi scorre ad una velocità intollerabile. Come facevo?
La luce è violenta. Il buio delicato.
La città non dorme.
il mare non dorme.
Il vento non dorme.
Io non dormo e mastico scirocco.
Cerco tracce dei miei affetti come un cane da tartufo. Non ce n’è bisogno. La posso vedere coi miei occhi seduta sul divano. Mi ci accarezzo la faccia. Quello che conta è qui davanti. Non c’è bisogno d’altro. Col naso spingo un po’ perché non si accasci sotto ai colpi del dolore. Con la voce ascolto la voce che arriva da lontano.
Saluto strade e nomi. Torno a casa?