Agg’ fatt’ ‘a bott’

Soundtrack: Charlotte Martin Cut the Cord

Oggi ho sclerato. Sbroccato. Dato di matta. Azzeccato le punte.

Al lavoro.

Ho faticato moltissimo per evitare di fare due cose: distruggere l’arredamento e piangere.

Quando dico che ho faticato a trattenermi è letterale, non simbolico.

Ho alzato la panchina del cortile e volevo fracassarla contro la ringhiera.

Per un attimo ero al centro della scena finale di Zabriskie Point. In slow motion. In pace.

Eppure tutti questi anni dovrebbero avermi insegnato qualcosa.
Il punto è che non si tratta solo di questo.

Una delle NPI mi ha fermato e mi ha chiesto che avevo.

Ma non potevo parlare. A meno di scoppiare a piangere come un isterica del cazzo in piena crisi.

Ho cazziato le giovani colleghe per il loro disordine, ho urlato nei corridoi. Ho cacciato i colleghi dalla stanza dove dovevo fare una riunione.

Al ritorno in macchina ho pianto (ma solo un po’), parlando con M*. Che resta l’unica persona della quale mi fido, attualmente.

Mi sembra abbastanza.

Io non voglio stare così.

Buona parte di questo è il lavoro. Oltre 60 giorni a denti stretti, ogni giorno potrebbe essere quello dell’arrivo dello stipendio, ma non lo è mai. E allora domani, domani sarà possibile, domani potrò fare, domani si sistema.

Lo stipendio è tutto. E’ casa, è uscire, è scaricare la tensione, è regalarsi e regalare, è andare a prendere il computer in assistenza, è fare la spesa perbenino, è la benzina, è pagare le rate rimaste indietro. E’ offrire un caffè a qualcuno dopo tre mesi che chiunque mi conosce è costretto a mantenermi se vuole vedermi e uscire con me.

Questo basterebbe da solo.

Ma non è la sola cosa.

E’ vedere la gente tirar fuori il peggio di sé che mi fa incongruamente male.

E’ lo sforzo per restare vigile e fuori dalle mani altrui che mi fa sudare sangue.

E’  il vuoto che sento in questo momento. Non alleggerisce. Non ne esce un momento di rilassamento, abbandono, condivisione.

Me la sto vedendo da sola e questo mi affatica oltremodo.

Non ho più risorse, non ho più energie.

Non mangio, non dormo.

Non ne posso più.

Non ne ho più.

Non.

Stamattina ho avuto l’onore di una visita di una lesbica di passaggio londinese sul blog che ha ritenuto di dovermi insultare un po’ per un post che ho scritto.

Siamo sempre lì. E se siamo vent’anni indietro, noi lesbiche, è fondamentalmente perché non è possibile né un confronto, né l’ironia, né un dialogo. La filosofia di base è: “se apri bocca ti apro il culo”. No hope.

Mi accorgo ora che c’è la teutonica tettona all’isola dei famosi. Mi sono persa qualche cosa?

Un manicomio quest’isola. Ci starei certamente benissimo, al momento.

 

 

3 pensieri riguardo “Agg’ fatt’ ‘a bott’

  1. Quante carne al fuego, cara!

    Sbrocco: Mi spiace – ma è ammirevole che tu l’abbia fatto. E’ sempre + apprezzabile qualcuno che verbalizza le proprie tensione, piuttosto di una persona tutta “schiattat ncuorp”. Io sono come te.

    Stipendio: quanto tieni ragione! Non ho mica capito che lavoro tu faccia, ma qualsiasi impiego che non garantisca una paga certa non vale la pena di farlo.

    Isola dei famosi: si, ma ormai da anni è diventato l’ISOLA DEI FORMOSI.

    Lesbiche: sarebbe cool conoscere un pò di mondo lesbico. Almeno mi sentirei tra maschi veri 😉

    Ciao bellè
    Il Sarcotrafficante

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  2. Mi spiace averti fatto una domanda della quale probabilmente sapevo già la risposta, ma forse volevo aiutarti a sfogarti….mi sa che ho sbagliato luogo, momento, parole….
    L’unica cosa che mi sento di dirti è solo che ti capisco! Io ho pianto oggi e ho sbroccato oggi nell’altro posto di lavoro. E non è giusto che io sbrocchi con alcune persone per le colpe di altri e così dopo ho pianto, come un coccodrillo!
    Non mi sento neanche di dirti “Coraggio, stringi i denti”, perchè io a forza di stringerli li ho consumati e perchè io per prima mi sono arresa tempo fa e perchè io mi sento svuotata! Sono andata avanti anche grazie a voi, ma ora non ci bastiamo più: non posso dare te alla cassiera del supermercato e M*** al benzinaio! Sembra che vogliano banconote….
    Ciao Penni

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  3. Faccio la logopedista, Sarcò, mi occupo di cicci piccoli tra i 5 e i 12 anni con disturbi dell’apprendimento, balbuzie, disturbi del linguaggio e ogni altra santissima sintomatologia comunicativa dell’età evolutiva. Ed è, probabilmente, l’unica cosa che so fare decentemente. Anche a me piacerebbe saperne di più sul mondo lesbico, dovrei frequentarlo…
    Mia cara Crila: forse.

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