Mykonos vs Capocotta

Soundtrack: A Fine Frenzy Come on, come out
(mi so’ fissata co’ ‘sta tipa, anche se i testi sono un po’ troppo strappafica, mi piace assai)

Oggi bellissima giornata in quel del Settimo Cielo a Capocotta, in compagnia di Omaha. Ho parlato a macchinetta dopo 4 giorni di silenzio claustrale.

Siamo andate con lo scooterone della Omaha. A 120 all’ora sull’Aurelia.

L’informazione potrebbe sembrare di interesse nullo, invece è un fatto fondamentale.

Perché io non vado mai dietro a nessuno e, se in macchina non guido io, di solito piagnucolo come un cagnetto perché non si superino i limiti di velocità (ma 70 è già troppo).

Invece ci sono andata. E non me ne fotteva niente. Ed era rilassante perché non ero io a dovermi preoccupare. E questo fa il paro con il mio sonno in aereo.

Del che ho realizzato che, almeno una volta all’anno, bisognerebbe fare il check up delle proprie paure. Elencarle e provarle tutte per vedere se sono ancora lì per davvero o è solo una litania che ci si ripete per abitudine.

Farsi un bel giro nel proprio panico, insomma. Mi pare di capire che facilmente si potrebbe scoprire che alcune non esistono più, che magari era solo un periodo, un momento, una teoria.

Lo terrò a mente (maffigurati).

Abbiamo a lungo parlato della questione “normalizzazione/omologazione” del mondo gay.

La sensazione è che, lavorando duramente per la famigerata “normalizzazione”, in vista di obbiettivi nobili come accettazione, diritti, fine delle discriminazioni, apertura mentale eccetera eccetera, i gay tutti abbiano finito per sconfinare in un campo atrocemente pericoloso: l’omologazione.

Dopo una settimana, a mykonos, il prof ed io eravamo disgustati da quello che vedevamo. Erano tutti uguali, tutti palestrati nello stesso modo, con lo stesso taglio (?) di capelli, con le stesse canotte, con gli stessi accessori, gli stessi costumi, la stessa aria cool. Impressionante.

A volte l’effetto era anche comico. Vedevi una capuzzella (=testolina, N.d.T.) minuscola dai linementi sottili e delicati appoggiata su un corpaccione pompatissimo, andatura a gambe larghe (per via dei muscoli e, suppongo, per dimostrare che è necessario più spazio per contenere la belva), braccia spostate dal tronco per non far urtare deltoidi e tricipiti. Effetto fotomontaggio. Che risate.

Ma pare che funzioni così.

E se i gay sono così ora, noi lesbiche ci arriveremo tra 5 anni (spero non con la stessa muscolatura).

Personalmente me ne fotto, ne avrò 50 e avrò altri cazzi a cui pensare (tipo la menopausa?), ma sarà una tragedia. E mi addolora. Non ci sarà più spazio per quello che non corrisponde al canone. Non ci sarà più spazio per l’originalità della bruttezza, per il fuori tempo, per il personalizzato.

Ho parlato spesso della mia visione romantica e ideologica dell’omosessualità, so di essere vintage e out, ma per me resta una questione di minoranza e di diversità da difendere con le unghie e con i denti, perché è questo che ha un senso e che consente l’apertura della mentalità e della società (ma va che pippottino anni 80!).

Minoranza e diversità non possono infilarsi nella trappola dell’omologazione. Così finisce tutto. Così si richiude la mente e non resta spazio per nulla.

Cerco di spiegarmi meglio con un argomento neutro: il rap (questa è pazza).

Se ci avete fatto caso e se ricordate anche solo un paio di pezzi, potete seguire il mio delirio.

I neri (minoranza discriminata) l’hanno inventato. Hanno cantato di ghetti, negritudine, orrori metropolitani, discriminazione e politica sociale per molti anni. Era una musica di nicchia, la compravano solo i neri, era considerata una posizione politica anche scomoda assai per l’estabilishment. Poi è diventato fenomeno di massa (musica, moda, cultura..) e si è trasformato radicalmente. Ora si parla solo di fiche e cazzi. Nel vero senso della parola. Nei video compaiono spesso pornostar, i testi sono tutti sul sesso e sul corpo, maschilisti ed aggressivi. Niente più. E se sei nero, devi fare rap, sennò ti mandano pure affanculo (ci è passata persino Erikah Badu). Vendono anche più di prima e vendono anche ai bianchi. Hanno invaso il mercato e otturato ogni crepa da cui sarebbe potuta uscire nuova musica e nuovi suoni. ‘Na palla colossale. Inascoltabile ormai.

Insomma si sono fatti fottere – i neri – e si sono fatti togliere un modo irrefrenabile e incisivo di fare informazione, denuncia e protesta cedendo all’omologazione assoluta e trasformandosi in un fenomeno di costume che è, ormai, una gabbia. Almeno questa è la mia opinione. Espressa una chiavica, lo ammetto.

Ho la sensazione che stia funzionando uguale anche per gli omosessuali. E questa omologazione, di fatto, ci rende innocui e ci richiude nell’armadio. Abbiamo i nostri codici, il nostro linguaggio, la nostra moda, i nostri luoghi. Nostri, ovvero gay – si dice LGBTQ, è più politically correct -. 

Niente più originalità, nessuna rottura, nessuna necessità di confronto. Niente. non più una minoranza, ma un gruppo chiuso e impenetrabile per chi non ne segue i canoni con precisione e adeguatezza. Non più una manifestazione di diversità con tutto quello che ne consegue, ma clan.

Il gruppo, il clan, sono come le mandrie, si muovono tutti insieme ed è per questo che è facile chiuderla (la mandria) da qualche parte, in un qualsiasi spazio ben recintato perché non ne esca e non dia fastidio in giro.

Tutto questo mi fa orrore.

Non c’è differenza tra il silenzio assoluto e il chiasso intollerabile. In tutti e due i casi non si sente niente.

Questa frase non c’entra molto ma mi piace.

Ma si è capito cosa voglio dire? sono stanca e rincoglionita. Avrei fatto meglio a scriverlo domani.

 

 

 

21 pensieri riguardo “Mykonos vs Capocotta

  1. Io credo che alla fine ogni minoranza tenda a fare gruppo ed ogni gruppo finisce per avere delle regole e di conseguenza genera dei sottogruppi.
    Ma un’altra cosa che proprio non capisco (e forse mi sbaglio) è questa: oramai gay è di moda, s’ port assai, avere l’amico ricchione è un pò come portare a spasso un barboncino rosa eppure…noi omosessuali invece di approfittare del momento per dare stoccate decisive a favore dei nostri diritti e dei nostri riconoscimenti, che facciamo? Ce ne freghiamo e ci facciamo mettere i cappottini e i fiocchetti proprio come cagnolini!
    Quello che dici Penelope, è sintomatico dei tempi che viviamo e si ripercuote su tutto e tutti, anche su quelle minoranze che dovrebbero in qualche modo distinguersi o fare la differenza.
    Oggi conta appartenere, rappresentare, essere riconosciuti….’essere’ in quanto singole e speciali unità non ha molta importanza. Da qui i fotomontaggi di cui sopra e Luxuria all’Isola dei Famosi…

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  2. se posso permettermi di esprimere la mia:
    1) il rap non è esattamente quello che hai descritto. sia come origini che come destino. esiste ancora un rap di qualità, un hip hop impegnato e rispettoso, solo che sono rimasti di nicchia esattamente come lo erano all’inizio della loro storia e diffusione. ossia a mano a mano che il genere ha preso piede è venuto fuori qualcuno che ha trovato il modo giusto per farlo digerire a tutti, facendolo diventare un fenomeno pop (e farci i soldi). ma ciò non ha cancellato molti artisti della scena indipendente che continuano o cominciano a fare rap o hip hop con lo stesso spirito degli inizi, e avendo in mente altri obiettivi. erano, sono e continueranno ad essere una minoranza. come per tutto.
    2) immaginare un’età dell’oro durante la quale il movimento lgbtq era consapevole, impegnato e come dire aveva un senso compiuto, mi sembra di per sè fuorviante.
    la situazione a me pare sempre la stessa: all’interno del movimento la maggior parte delle persone ha sempre in mente la soddisfazione o la realizzazione di bisogni o mete poco fruttuose e condivisibili. la normalizzazione accellera il processo e ciò vale per tutto. per le lesbiche poi il discorso è lo stesso: l’omologazione la si vive come un rifiuto totale dei canoni estetici contemporanei. la cosa ridicola e che poi tutte vogliono andare a letto con quella che invece se ne fotte e si veste femminile. è la stessa cosa che seguire la moda: quante donne conosci o quante lesbiche conosci che quest’anno hanno comprato un bel paio di rayban, perchè sono tornati di gran moda e i negozi sono stracolmi di modelli osceni? è la stessa cosa secondo me. c’è gente che i rayban ha continuato a portarli per anni (perchè sono GLI OCCHIALI da sole) mentre imperversavano modelli stile “la mosca” e si è presa i vari: ma quanto si vintage?
    Ora punto e accapo siamo ritornate di moda. Il modello dominante tra gli uomini gay è: palestrato, abbronzato e godereccio. questo è il modello pop, e, lasciamelo dire, andare a mykonos a cercare l’alternativo mi sembra un pò pretenzioso: credo sia uno dei luoghi più gaypop in assoluto sulla terra. e come andare al concerto dei take that a 60 anni e stupirsi di essere l’unica over 30.
    3) il problema è la mancanza di personalità, l’assenza di consapevolezza, il totale disinteresse verso la comprensione di ciò che ci appartiene. ma questo è il problema dell’umanità, non mi sembra si stia aggravando particolarmente. negli anni ’70 nonostante battaglie, movimenti, percorsi e rivoluzioni la maggior parte della gente che partecipava a ste cose erano drogati sballati che non ci capivano un cazzo. come sempre. che stavano lì perchè fare il figlio dei fiori, o il beat, o l’hippy era figo e punto.

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  3. se posso esprimere anche io la mia, sono abbastanza d’accordo con i commenti 2) e 3) di donasonica (sull’1 non mi pronuncio in quanto non competente).
    Anche George Sand, o Natalie Clifford Barney, o Romaine Brooks, o Mercedes de Acosta, e insomma ognuna delle pioneristiche aristolesbiche di tempi meno plateali (e meno equi) del nostro, vedendo me e te al Blanche dei primi anni 90, avrebbe quantomeno storto il naso per l’orribile massificazione ed involgarimento della razza. tant’è.
    in un mondo non perfetto ma perfettibile la giustizia può pasare per l’omologazione.
    è un pò come il caso del matrimonio gay; l’istituto stesso del matrimonio non mi piace per varie ragioni (lunghe da spiegare e che peraltro conosci), forse se fosse consentito nemmeno lo utilizzerei, eppure è sacrosanto combattere per ottenere ciò che, in ultima analisi, è omologazione.
    poi certo, come appunto diceva sonica, rimangono la stupidità e la volgarità che son patrimonio della maggioranza..
    per il resto: vedo adesso come mai non ti si è sentita…

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  4. M’inserisco in questo territorio GLBT con un poco di curiosità, ma neanche tanta. Non ho mai apprezzato le lotte di classe, comuniste, corporative, sessuali o di qualsiasi altro genere. Rivendicare diritti solo per un gruppo d’interesse è il modo più facile per non vederseli riconosciuti. I gay – esattamente come la chiesa – cercano di farsi lobby e di portare avanti le leggi che a loro sono d’interesse. Ma sfortunatamente per loro, non sono una lobby così coesa, storica, economicamente supportata come quella della Chiesa. Da quì, la difficoltà di imporsi sulla vita politica.

    L’omologazione è invece il modo più naturale perchè si venga riconosciuti in società, e col tempo, dalla giurisdizione. La legge nasce per regolare i comportamenti delle comunità, è sempre in divenire, ma se la comunità non percepisce come BISOGNO il legiferare o meno un suo aspetto, tale legge non ha raison d’etre e quindi non avverrà mai.

    Vedo tanti amici gay ed amiche lesbiche riempirsi la bocca sulla Spagna, sul suo presunto progresso. E’ evidente che in Spagna quella gente ci avrà speso al massimo una settimana a ballare in discoteca. La Spagna è un paese molto chiuso, tanto è vero che l’imposizione della legge sui matrimoni omosessuali è stato un grave errore. La comunità la percepisce come un corpo estraneo, imposto dall’alto, e ben preso verrà modificata (appena Zapatero sarà andato a farsi benedire).

    Un saluto,
    Il S@arcoTr@fficante

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  5. ah però per essere uno che non è interessato su 3 post 2 sono dedicati ai gay [e uno alle pompe!].
    ma perchè penelope cara se uno non è tanto interessato sempre sempre sente la necessità di dire qualcosa in proposito?

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  6. @Donasonica:
    Di 3 post, NESSUNO è dedicato ai gay..il primo all’omologazione (mi spiace dirtelo ma non siete gli unici a subirla ed è cmq un trackback al posto di penelope), il secondo ad eros&tanatos ed il terzo al Papa.

    Inoltre, quando dico “materia GLBT” intendo lche di diritti degli omosessuali non ne parlo mai; mentre dell’omosessualità in sè ne ho scritto tanto (ho un blog da tre anni in altre lande).

    Detto ciò, perchè senti la necessità di commentare sul mio blog e non sul contenuto di quanto ho scritto sull’omologazione?

    Se non si può attaccare il contenuto, si attacca il contenitore…questa è l’arma di chi ha povertà di argomenti.

    Saluti,
    Il Sarcotrafficante

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  7. senza polemica solo per spiegarmi meglio:
    1) tu hai fatto la premessa di non essere tanto interessato al territorio e quindi mi è venuto piuttosto spontaneo leggere di cosa parli sul tuo blog ossia a cosa sei interessato e vedo che c’è un post sull’omologazione in risposta a penelope [che ha un blog dichiaratamente lesbico nel caso non avessi notato] in cui metti dentro la comunità LGBTQ [è così che si chiama]. in più fai un post sul papa che molto probabilmente è gay. questo al paese mio è 2 su 3.
    2) in realtà stavo proprio commentando il contenuto e non il contenitore.
    3) non è necessario commentare il tuo commento, intanto perchè ho già scritto la mia opinione, poi era solo per sfotterti un pò. il blog di penelope [correggimi se sbaglio owner] è piuttosto sciolto da questo punto di vista.
    take it easy caro.

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  8. Adoro le risposte appassionate…
    Caro Sarco, leggo di te e scopro che sei, tra l’altro, un ebreo napoletano. Di fatto, quindi, una minoranza che più minoranza non c’è… io sono (tra l’altro), una half jewish napoletana, lesbica, veterofemminista e portata a fare discorsi che mia nonna (jewish doc) reputerebbe obsoleti e ottocenteschi, trapiantata a Roma.
    Il tutto mi fa venir voglia di scoprire se ti conosco, dato che le famiglie ebree di napoli sono 6 in tutto…
    Ma queste son questioni personali che, forse, dovrei inviarti in privato (no, lo pubblico invece, mi diverte di più).
    Ho la malinconica tendenza ad identificare la parola “normalizzazione” con un processo di integrazione che prevede l’annullamento del pregiudizio e la comparazione di diritti e doveri mentre ritengo la “omologazione” una aberrazione del processo di cui sopra. I gay si omologano a loro stessi, non agli standard sociali e, proprio in quanto half jewish, credo di sapere con precisione quanto l’omologazione sia, di per sé, inutile ed effimera. Dovresti saperlo anche tu, per DNA.
    Aggiungo che l’omologazione così come si sta svolgendo all’interno del gruppo gay maschi, è di fatto una marginalizzazione, una autoesclusione, magari più carina a vedersi, più esteticamente gradevole, ma è una chiusura assoluta. Ma non sono sicura di avere ben spiegato il mio punto di vista da vecchia babbiona.
    Ricordo a Venexiana che, quando noi scendevamo al Blanche negli anni 90, lo spettacolo che fornivamo era vario e multiforme. C’erano i bidoni, le camion, le vecchie babbione, le timide, quelle in tailleur pantaloni e ogni altro genere di umanità femminile. Lo stesso per gli uomini, per quanto io ricordi.
    Ora, in una qualsiasi discoteca gay, l’effetto è cinese ovvero: difficile distinguere una faccia da un’altra e un individuo da un altro. E lo sai.
    Ommioddio, ho il computer in modalità provvisoria che mi sono presa, credo, un megavirus dai dvd della mia musica che la mia ex mi ha restituito.

    i casi della vita…
    Baci a tutti.

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  9. @donasonica: im so easy, girl. u dont know how much.

    @penelopebasta:
    beh, probabilmente quella che per me è omologazione per te è normalizzazione. Quindi, siamo d’accordo su tutto tranne sul come chiamarla 😀

    Detto ciò, le famiglie ebree di Napoli non le conosco, in 18 anni di vita mi sono sempre sentito l’unico ebreo-ateo (nn praticante peraltro, quindi ancora + minoranza) a Napoli; mi fa piacere sapere che ne esistano altri 😀 poi se questi altri sono “vecchie babbione” (ti cito) mi fa ancora + piacere!

    Da un tre anni vivo a roma. Magari ci si fa una chiacchiera dal vivo qualche volta.

    ps sono stato spesso al muccassassina e – a parte gl’ipermuscolari – non mi sembravano poi tutti uguali. Bella varietà anche lì.

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  10. Dear sarcò (eh eh), sono molto impressionata dalle cose che abbiamo in comune. Avessim’ ascì a parient’?
    Sul blog mi pare brutto fare i nomi delle famiglie ebree napoletane. Ma di persona ne parlo volentieri.
    Organizzeremo. Mi sa che ti mando la mia mail.

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  11. Che emozione, vengo nominata in un post con commenti accesissimi!
    Faccio male ad allontanarmi dal pc per troppi giorni, guarda cosa mi ero persa 🙂
    Giusto come nota…cara Penelope…lungi da me condurti a 120 sull’Aurelia….eravamo sulla Colombo…eh eh eh eh….

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  12. Oh che meraviglia… pensavo di essere l’unica a fare ancora discorsi nostalgici veterofemministi su quanto eravamo più belli quando eravamo diversi. Anche se, a pensarci bene, non eravamo poi così diversi neanche allora. Forse rientra tra le paure da mettere in discussione, quella di diventare tutti uguali.

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