Back Rome

Soundtrack: GNENTE

Nientedimeno in questo treno la presa funziona davvero. Mai successo prima.

Sono le undici e mezza ed è un gran casino qui. Ho il seggiolino singolo. Anche questo mai successo ed è sempre stato un mio desiderio.

Cuffiette nelle orecchie, schermo davanti. In  una botte di ferro, proprio.

Sono senza energie. Priva totale. Come se avessi dato fondo ad ogni riserva, credito o ipotesi di energia. Magari è solo il caldo o l’immobilità che chiama immobilità.

Una settimana di uallera (letteralmente = ernia inguinale, metaforicamente = pigrizia/accidia N.d.T.) totale. Ho dormito più di quanto umanamente sia possibile dormire. Preso sole il poco che basta a risvegliare il mio ceppo mediterraneo, fatto bagni come in una vasca – ferma e seduta sulla sabbia con l’acqua fino al collo – e poltrito fino a farmi dolere le gambe.

La bicicletta l’ho presa solo una volta. Troppa fatica.

Come diceva la mia ex: “cumm’è bell’ a nun fa nu cazz’!”

Strana cosa scrivere in treno. Mi preoccupo di essere guardata o letta mentre scrivo. Faccenda palesemente assurda. Ovviamente scrivo per far passare il tempo. Ho tre ore davanti e un’ansia che mi mangia il cuore.

Non so perché. Da stamattina. Forse non volevo tornare. Ma neanche restare.

Questa campagna è splendida. Mi sa che sto testo non sarà un post. O magari sì, tanto quello che non vi volete leggere non lo leggete. Però le mie cose migliori le leggete anche più di una volta, mi pare di capire.

Spesso, i miei cicci piccoli, dopo anni di lavoro, fanno dei clamorosi passi indietro che possono gettare nella più cupa disperazione la più esperta delle colleghe. Col tempo impari che queste involuzioni, queste “regressioni”, sono necessarie ai cicci piccoli per prepararsi al salto successivo. Come un elastico che per scattare deve essere tirato all’indietro, come un velocista che per partire deve appallottolarsi ai blocchi di partenza. Dopo un po’ li vedi schizzare lontano, crescere – a volte persino in altezza -.

E così ho imparato che i peggiori momenti di regressione hanno un senso necessario e positivo e non solo un sapore di sconfitta.

Sono diventata refrattaria alle critiche. Mi rivolto come un varano.

E’ che so’ stanca.

A volte mi sembra che mi si dicano cose senza cognizione di causa. Cose generali e generaliste che non tengono conto della realtà dei fatti. Ma è difficile dire se sia davvero così. Sono brava a dirmi strunzate e a scantonare dalla realtà delle cose. Solo che in questo periodo non vedo quali critiche mi si possono portare.

Una sì, la accetto, e riguarda la mancata protezione di mia nipote. Il resto mi pare normale amministrazione.

Alfolo dice che ripeto la mia età come una maledizione. Non è esattamente così. Vero che me la ripetono gli altri di continuo, anche quando io me ne dimentico. Vero è che è uno strano passaggio dell’esistenza del quale è difficile venire a capo. Non è il solito bilancio quinquennale, né il periodo di formazione tra i 35 e i 40, denso di dubbi, domande, desideri, buchi da colmare e bisogno di definizione. E’ diverso. E’ nuovo. E’ altro.

Fa caldo qui, c’è un gran casino di stranieri e vacanzieri nostrani.

Mi so’ rotta di scrivere.

leggo un po’.

Un pensiero riguardo “Back Rome

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