Cervelli & Piselli

 

Soundtrack: Feist  So Sorry

Stasera si chiacchierava, con la nipotazza preferita detta Elide, delle difficoltà tipiche dei post-rapporti lunghi.

Uno di quegli argomenti dei quali tutti sanno tutto, perché a tutti è successo e perché tutti ne portano i segni.

Le paure, le paranoie del cazzo, le resistenze, l’illusione che esista un tempo, un modo, una persona che siano giusti, esatti, millimetrici.

Ad ognuno il suo.

Parlavo quindi del mio. Del mio terrore di rimettermi in una relazione non già (ma che meraviglia di espressione ottocentesca) per questioni sentimentali, ma proprio per cose quotidiane e piccine piccine.

Paura di perdermi in qualcun’altra e sputtanarmi la vita, paura di rimettermi in situazioni uguali e mai diverse dallo pseudo-annullamento di me, sensazione di tempo insufficiente alla personale ricostruzione e così via dicendo liberamente e tanto per.

La Elide, reduce anche lei, conveniva.

Le ho detto, con noscialanz: “per te è diverso, avrai un uomo davanti.”

Ridevamo pensando ad una futura scena che si potrebbe svolgere più o meno così: Elide che parte con pippotti paranoici sul passato, il presente e il futuro, sulla vita, la morte e i miracoli, sugli ex e su ciò che è stato e che è e che sarà e Lui, occhio a mezz’asta, mormora un “sì, sì” procedendo nel countdown verso il prossimo futuro momento Sesso.

E si sono accese le luci del San Paolo.  Flash accecanti nel mio esiguo cerebello. Illuminazione totale. Ascensione a più alti livelli di consapevolezza. Trascendenza…

ESATTO.

A me tocca un’altra donna.

Una presumibilmente come me, che può ritenere argomento di conversazione una fragorosa, immane, cataclismatica bugia che è lì a coprire le poche cose vere che brillano tra le macerie.

E si può andare avanti per ore, fra donne. Anche 9 ore di discussione si possono fare. Senza spostarsi di un millimetro, fino allo sfinimento (e le donne SONO più resistenti degli uomini).

Per prepararsi a questo possono non bastare anni di yoga e di psicoanalisi. Che poi, in fondo, sono attività che forniscono straordinario nutrimento alla masturbazione mentale femminile.

Quindi, se Lesbica=donna al quadrato, 2Lesbiche=?

Non so se voglio saperlo.

Mi viene in mente una vecchia barzelletta sulla differenza uomo donna, quella di Adamo, Eva e il Padreterno che decide di fare loro due regali. Il primo regalo è il pisello. Adamo si precipita ad appropriarsene e poi comincia a correre in giro facendo pipì ovunque, tenedoselo tra le mani e agitandolo e urlando come un matto. Eva resta un po’ perplessa e poi chiede: “e l’altro regalo?” Il Padreterno risponde: “Il cervello Eva, è il cervello”.

Considero questa barzelletta una metafora (insieme ad un altro paio, delle quali una è quella di Ciro) ma, stavolta, mi viene da pensare che, in fondo, noi donne facciamo del nostro cervello la stessa cosa che gli uomini fanno del loro pisello:

PIPPE

 

Adesso basta, disse Penelope

 

Soundtrack: Jestofunk – Can we live

Basta.

Non ne posso più di stare in perenne agitazione adrenalinica.

Basta con le altalene emotive che mi tolgono energia e mi massacrano fisicamente.

Basta con le deviazioni.

Basta con i loop di pensiero, con le ossessioni mentali, con le proiezioni e le interpretazioni.

Non se ne parla di lasciare, ancora una volta, che la vita scorra senza una direzione.

Basta con le rotture di cazzo, con le paranoie, con le ansie da prestazione.

Basta con le stitichezze emotive, con il trattenersi. Bilanciare, equilibrare, trovare il giusto modo, mantenere le distanze, restare nel mio ruolo, contenere, contenermi, filtrare, censurare, chiedere solo il giusto, ricevere ciò che è il caso, semplificare, gestire il gesto, proteggere e controllare.

Basta avere paura di.

Basta con i giochi di potere, con le strategie, con gli sforzi inutili di tenere un equilibrio senza essere nata circense.

Voglio riprendere a dormire, voglio ritrovare il tempo di togliermi le sopracciglia e sistemare i miei cassetti, voglio concedermi quando è gradito, voglio negarmi quando è necessario. Voglio ballare l’ironing funky dance (**) ogni volta che mi va.

Voglio essere libera di sentirmi come mi sento, di ridere se mi va e scherzare quando ce l’ho senza sentirmi un juke box del cazzo: “metti la moneta che ti faccio sentire quello che vuoi, quando lo vuoi, come lo vuoi”.

Non voglio intrattenere, non voglio sostenere senza essere sostenuta, non voglio accogliere se non vedo accoglienza, non voglio fidarmi di muri di mattoni, non voglio prendere testate perché sono ottusa e caparbia, non voglio essere cambiata, non voglio fare di me quello che ne ho sempre fatto.

Voglio fare i conti con il mio peggio senza doverci aggiungere altrui giudizio. Basto io. Voglio far uscire il mio meglio senza intoppi e ceffoni sulla nuca.

Basta, non ne posso più, mi arrendo.

E fa male.

 

(**) Ironing Funky Dance: Danza effettuata durante l’atto dello stiraggio, al suono dei Jestofunk. Stancantissimo, giuro.