Narcisa e il blog

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Soundtrack: Alice Smith – Dreams

Giusto due parole per nutrire il mio narcisismo e atteggiarmi oltremodo e oltremisura.

Ho scaricato l’ennesimo strumento per statistiche del blog e passo intere ore della mia giornata a controllare chi è on line, con che browser mi legge, a che ora, con che provider telefonico, da quale città e per quanto tempo.

Un godimento inenarrabile e, allo stesso tempo, la frustrazione per il non poter conoscere nome, cognome e colore di capelli di ogni singolo passeggiatore di codesto blog.

Invece di bere e drogarvi, gente, apritevi un blog, costa meno e richiede la stessa, assoluta, dedizione.

Mi arriva richiesta dagli stati uniti di fare traduzione blog per renderlo leggibile agli zoticoni statunitensi.

Mi si legge dalla Svizzera, dal Brasile, Cile, Russia, Belgio e Sardegna.

Esistono cittadine con nomi assurdi di cui ignoravo totalmente l’esistenza (tipo Candelù, Chiampo…) e che ora conosco benissimo attraverso le chiacchiere delle presentazioni del comune relativo.

Insomma, mi si è aperto un mondo. Mi viene da chiedermi, comunque, quanto poco si parli, nel mondo di lesbiche. Certo, la maggior parte della gente arriva qui mentre cerca porno e immagini di lesbiche arrapanti, ma non tutti, mi pare.

Blog lesbici in Italia ce ne sono, ma non poi tanti, si ha da dire. Appena avrò tempo mi metto a cercare e li linko, così, giusto per fare un servizio utile alle adolescenti lesbiche di Venafro e Candelù.

QUINDI, non mi leggono solo gli amici e i nemici miei. QUINDI, sono gonfia come una ranocchia, QUINDI vado al lavoro più contenta. E poi ho anche avuto 7 + al mio primo compitino… ma questa è informazione riservata.

Baci

P.S. la sountrack caricata è la colonna sonora del bacio di Bette e Tina in L word, l’effetto romantico aleggia ancora su di me e, inoltre, la mia amichetta M**, conscia della mio condizione di blogger senza speranza, mi ha regalato una attrezzatura dell’Ikea che si appoggia sulle zampette per sostenere il laptop ed evitare la flebite e la trombosi e la cancrena.

L word serie 5

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Soundtrack: Betty – The L word opening theme

AVVERTIMENTO 1: In questo post si parla della quarta puntata della quinta serie di L word, chi non vuole sapere come va a finire, non può leggere, e chi non l’ha mai vista ci capirà poco.

AVVERTIMENTO 2: Il brano musicale della soundtrack è di una bruttezza che la metà basta.

Dunque, iersera, gruppo d’ascolto sì formato: 4 lesbiche delle quali 3 vintage e 1 lipstick. Quest’ultima si è messa il rossetto anche a fine serata, prima di salire in macchina per tornare a casa; ho i testimoni.

Location: divano con accessori (copertella, posacenere, cena pantagruelica, vino e liquore alla liquirizia).

Puntata n° 4: FAVOLOSA.

Siamo lesbiche romanticone, non c’è che dire, femmine che si squagliano di fronte agli amori immarcescibili, donne che lacrimano durante le scene d’amore. Ma anche un po’ rattuse (N.d.T. parola di difficile traduzione che indica un comportamento sessualmente viscido e iperreattivo).

La serie di cui parlo, per i neofiti, è l’unica al mondo che tratta solo ed esclusivamente di lesbiche (c’è anche un trans). L’unica al mondo con lesbiche stupende – una delle protagoniste è Jennifer Beals e so con certezza che qualcuna emetterà sospiri sospetti alla lettura del suo nome – tutte upper lipstick californiane, anche se si gira a Vancouver, coltissime, ricchissime, artistissime. La lesbica alfa è Bette-Jennifer Beals, ovviamente. Chi non l’ha mai vista se la vada a vedere, le serie precedenti sono su Jimmy e su la 7, la nuova si scarica da internet, esiste infatti un gruppo di sante donne che la schiaffa on line appena finito di vederla su Shotime in Usa.

Insomma è una soap lesbica ma noi, che abbiamo così poca cinematografia e letteratura a disposizione, riteniamo che sia la bibbia della lesbicità. Ovviamente, come detto più volte, donne così non esitono, sono prodotto di fantasia.

Dunque le 4 lesbiche si piazzano davanti al pc per vedere “la puntata”. Personalmente non posso fare a meno di cantare la orrida sigla, ogni volta da almeno 4 anni, se non quattro. Ovviamente non ho ancora imparato le parole, invento e si incazzano tutte. La vediamo in lingua originale e quindi, generalmente, si passano i primi 10 minuti a sussurrare “non ho capito un cazzo” e a rivolgersi alla R** per chiedere cosa hanno detto. La R** di norma risponde riportando la frase in inglese. A volte non è utile. Ma a lei piace così. Ma l’importante sono le immagini.

A scadenza fissa (20 – 25 secondi circa), si possono sentire sospiri e mugolii da parte delle spettatrici. Gli insulti peggiori sono dedicati ad un personaggio che si chiama Jenny. Le maledizioni si esplicano in alcuni specifici casi: una finisce in galera e, ovviamente, capita in cella con una tipa tostissimissima, mentre il resto delle inmates sono orridi mostri inguardabili, un’altra si fidanza con una militare che risulta una delle 3 donne più belle del mondo, le falegnamesse sono delle principesse africane e financo le segretarie psicotiche sono fiche in modo imbarazzante.

Dicevamo che sono belle, sane, viaggiano, sono felici, affermate, dichiarate, scopano come conigli e hanni le pancine teseche teseche come avessero 22 anni.

Alla fine della puntata, dopo 3 anni di attesa e litigi fra spettatrici sulle future aspettative, Bette e Tina si baciano.

Abbiamo urlato, ci siamo alzate in piedi a braccia tese, fischiato e ci siamo abbracciate saltellando. Ci siamo riviste la scena almeno 3 volte, abbiamo trattenuto lacrime di commozione e abbiamo cercato su internet la soundtrack e i commenti delle lesbiche del mondo. Abbiamo commentato come bimbette, anche: “ma il feeling tra Bette e Tina è unico, nessun altro così” oppure “guarda come stanno bene insieme” e così via.

Eppure di solito siamo 4 donne di sostanza, avevamo appena finito di parlare della situazione politica in Italia, avevamo parlato di sessualità e procreazione, del papa e dei massimi sistemi.

Cinque minuti dopo eravamo adolescenti romantiche ed amotivamente instabili e, soprattutto, smodatamente rattuse.

Quindi, per quanto fossimo donne che “hanno visto cose che voi umani…”, tra i 30 e i 45, con forte senso pratico e abitudine alla disillusione, abbiamo dimostrato nei fatti di essere femminucce ottocentesche russe che credono ancora nell’amore vero e indistruttibile, principesse azzurrine che aspettano la propria lipstick in sella ad un cavallo bianco, pornostar del mugolio sessual-amoroso.

A fine serata abbiamo recuperato massacrando la nostra vittima preferita che manco lo sa di essere al centro dei nostri pensieri cattivi e, a questo proposito, scriverò una frase oscura ai più ma che, certamente, qualcuno afferrerà al volo e apprezzerà nella sua musicalità:

la chantell della criptolell. 

Ancora pensieri II

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Soundtrack: S-Tone Inc. – Saudade

Ancora niente di divertente da raccontare. Affatto. Sciroppatevi le mie crisi ormonali o andate affanculo su un altro blog.

Un saluto speciale a gatto Chicco.

Se incontro il minollo che tampina Elide gli spacco la faccia e gli faccio ingoiare il pisello. Spero mi legga e spero si renda conto che incorrere nelle ire di una zia lesbica sia quanto di meno augurabile sulla faccia della terra.

Le persone che hanno bisogno di guadagnarsi la “stima” delle ex a tutti i costi e in tempi inaccettabili per un qualsiasi essere umano – financo dotato di disturbo di memoria a breve termine -, vanno iscritte d’ufficio alla casa delle libertà e poi buttate dalla rupe Tarpea in quanto rifiuti dell’umanità.

Devo dare atto alla mia ex fidanzata S** di non avere mai fatto questo, almeno non con me. Con altri sì, ma questo è un problema suo che non è mai ricaduto su di me.

Dicevamo di ormoni che sfuggono ad ogni controllo e devastano menti di per loro già poco stabili.

Ho voglia di lamentarmi e dire maleparole. Su qualsiasi cosa, compresa la ricostruzione del mio dentista che mi ha cambiato il morso e mi fa svegliare tutte le mattine con la mascella anchilosata.

Cazzate, insomma.

La questione del sentirsi sola è un fatto soggettivo, non oggettivo e, senza dubbio, non ha niente a che fare con il numero di amici di cui si dispone. E io ne ho molti, non faccio che ripeterlo, e mi sento fortunella per questo essere al di sopra della media. No, è questione interiore ed è questione che va ciclicamente affrontata. Come va ciclicamente affrontato il mio karma del cazzo. Sempre ammesso e non concesso che io ne abbia uno. Che esista, che ci sia qualcosa da pagare in un qualche momento dell’esistenza. A guardarmi intorno direi che il karma ce l’ho solo io. Ma mi sembrano lamentele degne di mio padre che, invece, gode dell’immunità cosmica ma rompe i coglioni lo stesso.

Santa pazienza, come sto incazzata. Dovrei attivare una rissa con qualche driver ebetoide romano. Facile a farsi, qui non sa guidare nessuno. Infatti oggi ho aggiunto un’altra fantastica rigatura alla mia macchina. Da sola. Facendo manovra per parcheggiare. Sarà il virus dell’incapacità romana alla guida che ha preso anche me.

Mi si stanno cuocendo le ovaie co’ sto computer addosso. Mi annoio ad ascoltarmi. Sono settimane che non guardo la tv, che pago a fare sky non lo so. Fortuna che hanno inventato un nuovo p2p legale, ma ovviamente non riesco a scaricarlo. Si chiama Qtrax. Sto anche scaricando la quinta puntata di l word.

Ma si può fare un post più noioso e inconcludente di questo?

Ma che palle. Buonanotte.

Ancora pensieri

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Soundtrack: Rob Eberhard Young – Trance Dance

Questa è un’altra di quelle sere che mi tormentano un  po’.

Ho centinaia di pensieri in testa e nessuno in particolare. Sensazioni uguali e contrarie, poca chiarezza e molta nebbia nelle cervella.

Bella partita a biliardo çe soir, la prima che io ricordi senza lamentele infinite nelle orecchie (se la palla non va in buca è perché: “la stecca non va bene, il tavolo non va bene, troppo inclinato, troppo vecchio, troppo freddo, troppo tempo che non gioco e tu sei una incapace…”). La mia amica EsseEffe ed io abbiamo perso dignitosamente contro R&B: 2 a 1 e l’ultima sul filo del rasoio e ho fatto persino buche di sponda.

Ma ormai mi capita assai di rado di guardarmi indietro, qualche volta accade e, perlopiù, mi vengono pensieri un po’ teneri e un po’ impietosi allo stesso tempo. Sto anche facendo un corso di formazione praticamente di fronte a dove abitavo prima e, in verità, non è stato così devastante come pensavo.

C’è stata mia sorella, questo we, e mi fa sempre piacere vederla e passarci un po’ di tempo, anche se parliamo poco o niente.

Mio padre ha il terrore sacro di chiamarmi per dirmi quello che deve e rimanda all’infinito sperando che qualcuno lo faccia per lui.

Il gatto della R** non sta bene e capisco quanto possa essere preoccupata.

La mia gatta rompe i coglioni orgogliosamente, e a me va bene così.

Archiviato il due di picche.

Ad un corso di formazione dove si parlava, tra l’altro, di aggressività, ho ascoltato, con le mie sante orecchiuzze, codesta affermazione: “In un esperimento sull’aggressività, sono stati inseriti, in uno spazio ristretto, un elevato numero di topi. Si sono riscontrati comportamenti molto aggressivi, fino al cannibalismo e persino omosessualità. Quindi due comportamenti estremamente aggressivi.” Parole pronunciate da due psicologhe.

Ma mi sono rotta il cazzo di stare a sentire tali quantità di stronzate.

Comunque, ne hanno dette anche altre, sempre associando aggressività e omosessualità.

Magari hanno ragione e io sono così aggressiva perché so’ lesbica. Non conta che mi abbrucia la cervella perché arrivo a fine mese con i salti mortali, che giro per Roma e penso che proprio questa città non mi riesce ad appartenere, che i miei migliori amici stanno a Napoli, che se non mi muovo io non li vedo mai, che gli amici che ho a Roma sono meteore, che faccio un lavoro che mi succhia via l’anima a sorsetti piccolini e che non ho ancora capito uno stracazzo di quello che voglio.

E tutto sommato penso che se lo sapessi, semplicemente non potrei ottenerlo.

A volte ho paura, ma così tanta paura da non sapere di che cosa.

Non riesco a ragionare molto bene in questi giorni. Ma non mi sento molto a mio agio. Sarà la decima volta che cambio la mia vita, radicalmente, e la decima volta che mi caco sotto.

Non imparo molto, pare. Ma non è che sia facilissimo contare esclusivamente su me stessa. A volte è un po’ faticoso e mi fa sentire sola. Sono brava ad immaginarmi mondi di Oz dove non c’è spazio per tristezze e cedimenti, ma non abbastanza da non far penetrare neanche per un attimo la realtà delle cose. E la potenza che raggiunge la realtà in entrata, dipende molto dalla resistenza fatta per impedirlo. Come il mare nella falla di una nave, come l’aria compressa in una pistola, come le ceneri e il gas di un’eruzione.

Vorrei essere davvero capace di affrontare ogni cosa senza paura e di passare attraverso la vita con la leggerezza di una piuma d’oca. Vorrei sapere cosa fare nei momenti nei quali è necessario saperlo. Vorrei sentirmi forte quando ne ho bisogno.

Ma non sono la maga del tempismo.

 

 

 

 

A qualcuna in particolare

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Soundtrack: Z Star – Rosemary’s last kiss

A qualcuna in particolare direi che potremmo far evolvere la nostra relazione e passare perlomeno dagli sms alla chat.

Mi rendo conto che può essere considerato un passo impegnativo, un eccesso di esposizione, una indesiderata ammissione di coinvolgimento, che potrebbe dar luogo a fraintendimenti e addirittura attivare una comunicazione costruttiva, ma la mia povera testolina affaticata non regge più il ritmo di botta e risposta fulminante e, inoltre, se ci incontriamo vis à vis che facciamo? ci fotografiamo e ci mandiamo un mms? (in tal caso dovresti quantomeno indossare guepierre di latex con lacci rossi, cappello da ufficiale tedesco e stivali di pelle nera sopra al ginocchio con il tacco a spillo d’acciaio).

Mi piacerebbe essere propensa e pronta per un corteggiamento fantasmagorico fatto di brillante intelligenza, sagacia, accortezza, imprevedibilità e scattante prontezza agli schiocchi di frustino.

Ma non lo sono.

Si ha da portare i bagagli in luoghi meno impervi e più limpidi, dear Mistress, considerando che, se devo parlare della tua categoria, ho da approfondire l’argomento.

Allora che si fa? si gioca, potresti dire tu. E hai ragione, ma chi, tra noi due, gioca per partecipare?

Io ho ancora da ringraziarti per come mi hai fatto sentire domenica sera, credo di averlo spiegato bene e credo che non fosse tuo malgrado. Mi piacerebbe renderti il favore, ma non ho strumenti per sapere come.

Scrivo, come al solito, con la gatta vecia svenuta sul mio braccio sinistro. Le olimpiadi della tastiera.

Settimana pesante, molto piena, con insulti della R** perché non sono voluta uscire.

Domattina sveglia alle sette meno un quarto e lavoro fino alle 4 e mezza e corso di aggiornamento dalle 5 alle 8 all’altro capo della città (peraltro dove abitavo prima) Sono diventata lenta nei recuperi.

Sono diventata lenta punto.

Come ti ho già detto, non vado dove non sono invitata e non mi offendo. Non mi offendo perché vado oltre: mi incazzo direttamente… Ma poi passa.

La verità è che è un piacere scambiare pensieri fulminanti con te, mi stimola e mi mette di buon umore, ma poi davvero penso che quando ci incontreremo di faccia non saprò più come interagire con te. E mi sembra un peccato.

So bene che gran parte di questo post è una divagazione soggettiva su fatti immaginari. Mi piace così.

Quindi smetti di far schioccare quella frusta diamantata vicino al mio orecchio sinistro, non sono una slave, sono una vintage.

E noi vintage siamo un po’ grossier, andiamo direttamente di mazza ferrata.

 

Lesbiche vintage: Lipstick

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Soundtrack: Tegan & Sara – Where does the good go 

Ahhh, le lipstick.

Il sogno di ogni lesbica, il frutto del ramo più alto, le uniche che si possono presentare a mammà.

Mi necesse annunciare una new entry tra le lipstick del mondo. Si tratta della mia amica C** che, dopo anni passati a prendere la gente a capate, ad essere una vera-dura-e-vera-uoma, ad infrangere cuori come il peggiore dei bastardi, ha suggellato ieri il suo ingresso in società fungendo da modella in un servizio fotografico per una rivista di moda. La sua progressiva evoluzione da signora del camion a junior lipstick, l’aveva già vista indossare camicie di seta rosa con maniche a sbuffo e reggicalze.

Non c’è più religione.

Detto questo, possiamo passare alle lipstick nella loro essenza. Come detto la definizione “lipstick lesbian” – di chiara, deliziosa, origine statunitense – indica le lesbiche portatrici sane di ROSSETTO. Esse, infatti, non vanno da nessuna parte senza essersi preventivamente foderate le labbrucce con lo stick rouge. Non importa in quali condizioni sia il resto, il rossetto è irrinunciabile.

Portano anche i vestiti, preferibilmente, e le gonne. Si adornano con cappelli ma non variano moltissimo sui colori (il preferito resta il nero). Alternano stivali da vera signorinella ad anfibi del Military shop. Ma sempre con il rossetto.

Capelli lunghi o lunghissimi, selvaggi ma non troppo, stile sobrio, piccoli accessori lesbici, ma di classe: l’orologio di foggia maschile sarà un rolex, la fascia di cuoio al polso sostituita da un gioiello d’oro bianco (sempre una fascia è), il laccio al collo si evolve in una creazione orafa molto trend (tipo breill o similari). A volte orecchini, a volte no. Non sfacciata mostra delle proprie grazie, ma scollature castigate presenti.

Improvvise comparse di volant o strass possono stupire gli astanti.

Le lipstick sono le padrone del mondo lesbico e ne sono consapevoli. Godono dell’adorazione interessata delle “Ciro”, fanno innamorare pazzamente le Cripto, sono idolatrate e odiate dalle camion e amiche delle vintage.

Camminano in gruppo, orgogliosamente ex una dell’altra (per una sera o per 10 anni è uguale) e sono dotate di bodyguard.

Le bodyguard sono perlopiù lesbiche di altre categorie che, pur di essere al fianco delle lipstick, sono disposte anche solo a fare da guardaspalle e da spartineve per fendere la folla che si accalca loro intorno.

Quando un gruppo di lipstick entra in un locale, un brivido percorre la folla di anonimolesbiche ivi riunite.

“Eccole”, si sente mormorare.

Le lipstick non hanno mai un accendino, non ne hanno bisogno; hanno almeno tre spasimanti a testa e non lo ritengono disdicevole. Le lipstick non scopano, hanno delle “storie”. In periodi di magra pescano ovunque, anche tra le camion e, come già detto, negano fino alla morte. Ma ognuna di loro ha una camion nell’armadio.

Si interessano delle cose del mondo, parlano di politica e problemi etici, leggono di nascosto Legs Weaver, frequentano luoghi trendissimi e sono invitate a feste favolose.

Sono presentabili, piacevoli, fanno fare bella figura e non sono quasi mai ostili.

Sono comunque di base vintage, le nuove generazioni hanno infatti oltrepassato la fase rossetto per arrivare direttamente alla fase “zoccola stradale”, facendo così risultare le lipstick obsolete e incomplete.

Sono amiche di tutte, non negano una parola di conforto e di interesse a nessuno, ma in cuor loro sanno di essere al di sopra di tutte le altre. Si inchinano solo ed esclusivamente davanti alle Upper.

Essere adottate da una di loro, è un passaporto per l’immortalità.

 

 

Comincio a capire.

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Soundtrack: Angie Stone – Play with it 

Nuovo record di contatti ieri.

Comincio a capire che vi interessano solo i cazzi miei.

Tutti i miei sforzi di fare didattica lesbica sono assolutamente inutili.

Evabbè, aggiornamenti vari.

Penelope gatta sta meglio, dopo un devastante mal di schiena che l’ha lasciata sotto al letto inerme 3 giorni. Ho deciso di soprannominarla Highlander, come la nonna della mia amica S**.

Oggi riprendo ritmo lavorativo. Dovevo nascere ereditiera, ma qualcuno ha fatto confusione e ha messo Paris Hilton al posto mio.

Rivoglio le cose mie, non so più come dirlo.

Questa settimana vado a riprendere motona mia bella pantofola. son contenta.

Immagino che, in realtà, di questa vita quotidiana di una lesbica qualsiasi non ne può fregar di meno a chicchessia. Voi volete sapere se vado a letto con qualcuno, con chi sono uscita, chi ho visto e di chi parlo male o bene.

Ma mi servono stimoli, gggente!

Voi scrivete, lanciate segnali, argomenti, inciuci. Io sono una zoccola della penna, vi seguo a ruota.

Una piccola nota sulle ciptolesbiche, un dato importante che avevo dimenticato. Le criptolesbiche omettono di raccontare le loro precedenti esperienze lesbiche, si mostrano vergini ogni volta. E le volte nelle quali si mostrano vergini, non sono poche.

Stamattina sono sconnessa anzichennò.

Buona giornata a tutti

Oui, je suis Egocentrique

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Soundtrack: Meg – Senza Paura

In questi due meravigliosi giorni, mi sono accadute molte cose. Così tante che è difficile metterle in fila in ordine cronologico.

First of all, due persone alle quali tengo molto hanno avuto modo di reincontrarsi e riprendere a giocare dopo più di 4 anni di incomprensioni e lontananza. Qualcuno ha pensato che io c’entri qualcosa, ma non è così. Sono loro che hanno voluto riprendere a camminarsi incontro, sono loro ad essere capaci di affetti grandi e senso dell’amicizia, sono loro ad essere belle e vere.

Vederle giocare e sorridere (sì, vabbè, mi rendo conto della melensaggine di questa frase, ma stamane mi sono svegliata meringa), mi pare proprio un gran regalo. E mi fa, come spesso mi sta accadendo in questi mesi, ragionare sul culo che ci ho nell’incontrare persone.

Ho visto un film veramente carino che consiglio worldwide: Caramel. Una storia di donne, non poteva non piacermi; inoltre nel film c’è una lesbica libanese assolutamente con le polacchine. Quindi siamo uguali in tutto il mondo, quindi siamo proprio una categoria a parte, quindi ho pure ragione. Ne ho visto anche un altro (due film in due giorni dopo anni di niente pure è un po’ strano) che si chiama Lussuria. Bello, esteticamente perfetto, con un milione di chiavi e piani di lettura, ma non posso fare a meno di registrare una vena di misoginia che mi pare Ang Lee avesse già ampiamente mostrato in altri film. Ancora devo capire se sono gli orientali in generale a portarsi dentro ‘sta cazzo di misoginia o no.

Mi sono tagliata i capelluzzi e continuo a non farmi bionda, quasta nuance lapin mi piace assaje.

Ho passato il tempo con le persone che amo di più al mondo, in particolare con i miei piselli preferiti.

Ricevo una telefonata da una mia ancient friend che si sviluppa nel seguente modo: “Ciaaao, cosa fai?” e io: “sto andando al cinema” e lei: “va bene ciao”.

Pare niente? naaaaaaa. Con grande piacere voglio comunicare alla mia ancient friend che sarei lieta di poter collaborare con lei in qualunque momento. Non potrei mai tirarmi indietro, ho splendidi ricordi delle nostre collaborazioni. Quindi, alla prossima.

Infine, dopo aver molto riso, parlato, pariato (n.d.T. = prendere in giro persone e cose senza freni), camminato, conosciuto, ieri sera ho avuto la certezza assoluta che qualcosa che volevo sarebbe potuta accadere. Era lì, era gioiosamente a portata di mano. E ho capito che non era il momento, non era il luogo, non era leggero abbastanza.

E ho deciso di non farlo. E non importa se era solo una mia fantasia, se ho frainteso, se le cose non stanno così come le ho viste io, non ha alcuna importanza. Importa come mi sono sentita.

E mi sono sentita libera, così libera da commuovermi profondamente. Libera mentalmente, libera di scegliere, libera di crederci, libera di andare e tornare quando il momento sarà.

Sono altrove, e questo altrove ha un panorama che non avevo mai visto prima e che era tempo che io scorgessi.

Una sensazione così forte e bella non la ricordavo da anni. E ho molte persone da ringraziare per questo. Una in particolare.

E qualcuna in particolare mi ha detto, per ben due volte in due giorni, con gran delicatezza, che sono una persona “egocentrica”.

Perché non dovrei? il mondo è qui per me.

 

Mi girano le palle

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Soundtrack: Vanilla Sky – Umbrella

A manetta.

Ribadisco che dovebbe essere l’anno del toro, mi pare l’anno della sfiga universale.

Eccheccazzo

Primo: Mi si è rotto il computer appena acquistato ed alla sua prima deliziosa rata. E’ andato in un fottutissimo Crash Dump e non si avvia, se si avvia dopo un po’ si spegne da solo. Strunz’.

Secondo: sempre senza la mia musica, le mie foto e i miei documenti del cazzo.

Terzo: devo fare le cazzo delle analisi del sangue per controllare persino la tiroide. LA TIROIDE, fanculo e il colesterolo e tutte queste cose che mi danno l’idea del disfacimento fisico. Mi si da della ipertiroidea A ME? i medici sono una categoria inutile e spesso dannosa. Il tutto perchè mi serviva uno sfaccimmo di certificato di malattia e ho pensato “ma quasi quasi mi faccio visitare”. Mi tenevo il certificato fatto dal segretario e restavo illusa di essere in buona salute. 

Quarto: non trovo la mia rivistina preferita che si noma “Logic Art” (questo l’ho messo per fare numero con le sfighe).

Quinto: mi arrivano telefonate anonime tutti i giorni, mi da fastidio, non so chi è, mi rompe e preferisco mi si parli o non mi si telefoni affatto.

Sesto: Al cntro non c’è neanche M** e mi sfracanto i coglioni di passare la giornata lì.

Settimo: la nuova NPI mi inzeppa di regazzini invece di lasciarmi in pace.

Ottavo: se e quando qualcuna vuole ME, è pregata di venire nel mio letto con i suoi piedini medesimi e non pretendere che arrivi io travestita da Ginevra con la spada sguainata ad abbattere le cazzo delle difese di questa minchia. Una cosa del genere si fa per amore, non per una scopata clandestina.

Nono: sono scese le visite al mio blog e la mia suscettibilità urla e strepita offesa ed indignata. Nessuno mette più i commenti, chi cazzo mi legge da Morlupo, chi si è offeso per cosa, cosa cazzo volete che io scriva.

Decimo: non hanno preso la mia amica A** a lavorare al mio centro, ma il fratello della segretaria del capo. Ma va?

Ohhhh, mi pare tutto.

Alla prossima.

 

Le lesbiche vintage

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Soundtrack:  Anouk – Nobody’s wife

Je suis vintage.

Quindi è una categoria che mi sta a cuore.

Ieri G* mi ha chiesto se queste sono vere categorie. No, non lo sono. Le categorie ufficiali sono femme e butch. Niente più.

Ma non ho intenzione di ridurre il mio mondo ad una visione in bianco e nero. Non se ne parla. Quindi ne ho trovate altre da inserire in questi due, principali, range.

Le femme vanno suddivise in Upper Lipstick, Lipstick, Cripto e pseudo-etero; ma non è escluso che me ne vengano in mente altre.

Le butch vanno dalle camion, alle Ciro, alle Obesottere. Salvo Errori & Omissioni.

Nel mezzo ci sono le Vintage.

Noi Vintage non abbiamo più l’età per vestirci come Jennifer Lopez, abbiamo troppo faticato a trovare pace per continuare a vestirci come un caporal maggiore in missione suicida e ci siamo bene abituate ai vestiti comodi amarcord anni 80. Ci trucchiamo solo per i matrimoni delle amiche, per le nostre feste di compleanno o delle nostre donne e in poche altre occasioni pubbliche (cosa che crea momenti di stupore e tripudi di affermazioni tipo “come stai bene non ti avevo riconosciuto”). Non portiamo tacchi alti, ma ci sappiamo camminare, alle gonne preferiamo i vestiti – ma con parsimonia estrema -, siamo amanti di cappelli da uomo. I capelli possono essere corti o lunghi ma mai rasati, spesso tinti o colpodisolati.

In fondo ci piacerebbe vestirci come George Sand: un bel completo maschile taglio italiano, con cravatta e tette da fuori. Perché noi vintage, le tette, le facciamo vedere.

Saranno residui di vita etero? non per tutte, ma per molte.

Le Vintage preferiscono le Lipstick, ma hanno pochi pregiudizi. Ma preferiamo le lipsick. Ma non si sa mai. Comunque le Vintage si accoppiano tra loro, essenzialmente. Anche per questioni di età.

Abbiamo emozioni lente come lumache in letargo e siamo intraprendenti come un bradipo in coma.

Le Vintage non si fidano delle etero, non si fidano degli uomini, non si fidano di chi dice “per me va bene lo stesso”. Perché per noi non va MAI bene lo stesso. Quando siamo di buon umore ci mettiamo un indumento colorato, altrimenti il nero e il grigio sono un must. Portiamo scarpe improbabili e ci affezioniamo a cose orrende che portiamo per anni e anni.

Le vintage sono riuscite a dire la parola “Lesbica” senza balbettare, intorno ai 30 anni; la parola “omosessuale” pure intorno ai 30, almeno in modo intellegibile ai più. Non hanno mai fatto outing e, incredibile dictu, alcune ancora pensano che la mamma non abbia capito.

In quanto categoria intermedia, esse hanno poche caratteristiche peculiari, non sono neanche la maggioranza, ma solo un gruppetto sparuto e autoestinguente.

Non oso immaginare cosa verrà dopo.

 

 

Eccoci Qua (Prima Parte)

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Soundtrack: Pink – Fingers

Giunse il momento di parlare di sesso tra donne.

Trattasi di argomento che mi imbarazza (cosa NON mi imbarazza?). Ma s’adda fare.

Mi sa che  dovrò dividerlo in più capitoli, ci sono troppe cose da dire.

Niente a che vedere con quello che si vede nei film porno, quello è fantasy, nel senso di genere cinematografico: unghie di 22 chilometri, bracciali pesantissimi, anelli su tutte le dita, distanze incomprensibili e gesti inutili. Tanto vale andarsi a guardare Il Signore degli Anelli.

Il sesso tra donne è FATICOSISSIMO. Per questo può essere espletato solo nei periodi di passione irrefrenabile o di  richiamo ormonale incoercibile. Al di fuori di questi due momenti topici, semplicemente non si fa, è notorio.

Infatti gli americani, che hanno deliziose definizioni per tutto, ne hanno trovata una per noi nel lontano 1983: LBD Syndrome, ovvero Lesbian Bed Death Syndrome, ovvero sindrome della Morte del Letto Lesbico.

Ed è per la fatica immane che, di solito, le lesbiche non hanno una vita sessuale promiscua come quella dei ricchioni. Per loro è veramente semplice, devono fare poco o niente e basta calarsi i pantaloni anche poco e utilizzare posizioni canoniche che non portano grande sforzo fisico.

Per noi no. First of all, noi donne siamo spaventosamente speculari, usiamo le mani e ci è complicato farlo in piedi (a meno di essere personal trainer di Madonna o una camion di lungo corso), siamo piene di paranoie romantico/sessuali, spesso lente a concludere, socialmente selettive e dotate di organo sessuale posizionato in un punto generalmente inaccessibile.

Quindi, primo problema: le mani.

Anelli e bracciali non vanno bene, le unghie lunghe manco a parlarne, lo smalto è meglio di no, se si è gentili d’animo e non si voglioni provocare irritazioni a chicchessia (in fact, una lesbica si riconosce anche dalle mani e, secondo me, la fascia di cuoio al polso è un “rinforzo sessuale”, poi spiegherò il perché a chi è tonto e non capisce). Dita corte? ‘na trascedia.

Secondo problema: siamo donne.

Immaginiamo un incontro del genere “sauna” o “cesso discoteca”. Assumiamo che si sia tipe scafate e non ci sia bisogno di tutta quella pippa sul corteggiamento, fiducia, presentazione, scambio di informazioni base (anche questo è un film Fantasy, ovviamente, se va così vuol dire che avete incontrato una elfa o una gnoma dei boschi). D’altra parte, consideriamo che qualcuna deve mettere le “mani in cuollo” a un’altra. Si sarà lavata le mani? ha le unghie pulite? dov’è stata prima? cosa ha toccato? Non sono problemi da poco. Sarà poi necessario eliminare anelli e bracciali – che altrimenti si impicciano ovunque – molto, molto velocemente, perché noi donne riusciamo a cambiare idea in un nanosecondo e per le motivazioni più inverosimili (un neo nel posto sbagliato, un sapore sgradito, un capello fuori posto) e non bisogna tergiversare MAI.

Terzo problema: gli indumenti.

Liberate le mani, passiamo alla questione pantaloni. Perché le lesbiche, si sa, non portano gonne. Ringraziando il cielo non portano spesso i collant, almeno questo. Ma i pantaloni sono quasi sempre stretti, bisogna creare un minimo di spazio per l’infilaggio della mano e, purtroppo, questo indumento è dotato di uno strumento di tortura per lesbiche che si chiama: chiusura lampo. Essa è fornita di piccoli e bastardissimi dentini di ferro. Costoro si introietteranno (come una lama nel burro), nella pelle del polso della scafata fino a provocare piaghe inguaribili, soprattutto se l’altra è un po’ lenta di chiamata e ci mette parecchio.

Ma, quarto problema: l’altezza.

Se è più bassa di te, non ci arrivi, se è più alta, sei ridicola nell’immagine di arrampicaggio che offri al pubblico.

Infine, il polso. Se hai il tunnel carpale, puoi considerarti impotente.

E non ci sono pompette in vendita su internet. Il polso, poverino, sarà costretto a sopportare il dolore del morso assassino della chiusura lampo, adattarsi ad uno spazio sufficiente sì e no ad ospitare un foglio di carta (nel senso di spessore) e mantenere attiva la circolazione della mano bloccata dalla molla della mutanda, uso laccio emostatico.

Il tutto cercando di controllare un movimento, perché quel polso e quella mano si devono muovere.

Ho visto donne lacrimare e sostenere che fosse per la commozione.

Invece era il dolore.

Tutto questo, nell’eventualità di un incontro fugace e semi-pubblico. E mi sono trattenuta per scuorno (vedi imbarazzo), di solito quando lo racconto verbalmente sono molto più volgare di così.

Non vi venga in mente che a letto sia più semplice. Lì partono legamenti e lussazioni. Ma questa è un’altra storia.

* Il laccio di cuoio, secondo me, serve per proteggersi dalle chiusure lampo e ha la funzione del cinto erniario dei sollevatori di pesi: comprime e blocca il polso. Non so se mi sono spiegata.

Giornata complicata

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Sountrack: Cat Stevens – Father and Son 

Fino ad ora è stata una giornata complicata.

Alla faccia dell’oroscopo 2008. Vaffanculo.

Due notizie difficili da gestire. Assaje.

F** è in cinta. Ne sono felicissima, lo aspettava da tempo e si era anche avvilita. Invece eccolo, è arrivato da qualche giorno e già scatena ormoni alla mammuzza e ansie abbandoniche a Penelope.

Ma quanto egoismo c’è nelle ansie abbandoniche? Una quantità non giustificabile, a pensarci. Complicato per me, quindi, essere felicissima per F** e abbattutissima per il mio futuro al lavoro contemporaneamente.

Perché lei è il mio assoluto alter ego lì. Ho trovato complicità e affetto e attenzione e mentalità similare in lei e, di sicuro, mi mancherà molto nel quotidiano.

E torniamo al concetto di egoismo infantile intrinseco nell’ansia abbandonica suddetta. Non mi sta bene per niente questa cosa. Anzi, mi pare pure orrenda. Quanto si deve crescere per smettere di pensare che il mondo sia tutto, completamente, tuo? Quanto grandi si deve diventare per non considerare le persone addentellati imprescindibili della propria affettività (questo pensiero l’ho scritto in un modo che non ho capito neanche io). Ovvero, cosa mi da il diritto di pensare che le persone alle quali voglio bene siano solo mie e non possano avere altro all’infuori di me? Qui bisogna cambiare qualche cosa. E imparare ad accettare il passaggio fugace delle persone di qualità (perché la gente di merda, di solito, resta un sacco di tempo).

Mi fa un po’ paura anche il fatto che quando sarà madre, avremo meno cose in comune e soprattutto verrà meno il cazzeggio post-adolescenziale professional/pomeridiano. Mannaggia, mi divertirò di meno al lavoro. 

Su questa cosa si ha da riflettere: non è un lutto, porca puttana, è una bella notizia che riguarda una persona cui voglio un sacco di bene. Punto.

In bocca al lupo F** e M** e, soprattutto, non scegliete nomi di cazzo troppo fantasiosi.

Per una persona che se ne va, una che torna e, come poco fa parentesizzato, person’ ‘e mmerd’, ovviamente.

Mio padre è tornato con la sua ex-moglie. Ora, la cosa non dovrebbe risvegliare il benché minimo interesse in me: sono cazzi suoi, viviamo a 300 km di distanza, quando torno a Na manco glielo faccio sapere di solito e oltretutto la solitudine a 78 anni deve essere faticosa. Invece no.

Mi sono incazzata come un diavoletto della tasmania.

A parte che ho il terrore reale che quella bugiarda patologica, psicolabile e ritardata mentale della moglie me lo ammazzi (e anche il cane, che già ci ha provato), mi sento in qualche modo tradita (?) e delusa (?).

Difficilissimo spiegare la questione del tradimento senza partire con l’infinita mia storia familiare fino a risalire alle palle di Abramo, considerando anche che, quando si è separato, mi sono guardata bene dal tornare o dargli una mano o preoccuparmi del suo futuro. Ma questo nella mia famiglia (?) è normale. Allora non lo spiego, lo so solo io, voi lettori vi fottete.

La delusione è più semplice da spiegare e meno profonda. Ho visto mio padre rincoglionirsi e ridursi una inutile ameba al fianco della stronza moglie, l’ho visto perdere amici, dignità, territorio, credibilità, grinta e salute mentale.

E non è poco.

Senza di lei, malgrado i suoi lamenti di Portnoy reiterati e ingiustificati, il pater è rifiorito (con lui anche il cane, una gentilissima labrador ridotta dalla stronza a una palla obesa di nevrosi invincibili e ora in splendida forma ed equilibrio).

Il pater non ha il coraggio di dirmelo, aspetto sfregandomi le mani e preparando le parole da usare.

Mio padre ha la capacità, qualsiasi cosa faccia, di schizzare dolore su chiunque nel raggio di chilometri e, siccome nel raggio di chilometri da lui ci siamo solo noi che più o meno gli vogliamo bene, scontiamo l’ennesima sua scelta senza costrutto.

Immagino che si possa pensare che la mia sia una reazione esagerata, ma esistono fatti che portano alla mia esagerata reazione, non si tratta di questioni tra figlie gelose e padri sfuggenti, ma di figlie senza padri e padri senza figlie.

Sti cazzi, dicono a roma.

Pari e spari

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Oggi sto così. 

Ma come cazzo si fa ad acquisire il senso del dovere?

Dove si vende? come si impara?

Stamattina paro e sparo: vado o non vado. Non ci ho genio. Napoletana categoria fancazziste. Una vergogna per la categoria (sempre napoletana) ciucci di fatica.

Mi sfracanto le palle e voglio comunicarlo worldwide. Ma devo andare, nun se pò evità.

Mi rendo perfettamente conto che non ve ne può fottere di meno ma, come ormai è noto, il blog è mio e me lo gestisco io.

Messaggi personali:

  • x Marco: chiama che non ho soldi sul cell, ti devo dire ‘na cosa;
  • x Meg e C**: non vi sento da troppo tempo, sto a rota;
  • x St**: non metti più commenti? accaduto qualche cosa?
  • x mia sorella: non mi scatenare Elide, che poi ci vuole la museruola di Hannibal Lecter;
  • x Gianluca: non venire meno;
  • x EsseEffe: scusa se poi non ho richiamato ier sera;
  • x Alf**: macciao, benvenuto on myblog;
  • x F**: guarda che oggi vengo per te;
  • x Elide: sorridi, sei su candid camera.
  • x mia cugina S** e sua figlia S**: vabbè, ma un commento mai?
  • x mio cugino G**: ti voglio vedere in settimana;
  • x Loredanina: mi chiami?
  • x Mah: quel corso mi interessa, ci mandi specifiche?

Per tutti gli altri, chiamate, scrivete, che oggi è venerdì.

 

Le gabbie

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Soundtrack: Subsonica – Liberi tutti

La settimana prossima mi parte il 36 ore.

Sono assaje preoccupata. Un vago senso di oppressione si è impossessato di me medesima.

So’ nata principessa, non c’è niente da fare.

Per anni, ogni volta che mi sono sentita all’angolo e senza via di fuga, ho reagito come uno scorpione. Questo non è più possibile e mi immalinconisce un po’.

Posso sentire le vocine collettive che mormorano “era ora Penelope, era ora!”. Ma non sono d’accordo nemmeno adesso. Sì, le necessità materiali, sì gli obblighi socio-professional-economici. Sì, ma non è mai questo che ti fa mettere la catena al collo con le tue manine.

E’ altro. La paura che il tempo delle scelte sia finito, la sensazione un po’ dubbia che il resto è cazzeggio (lo dicono i libri, lo dicono gli amici, lo dice persino la TV, ma una parte di me continua a credere che l’intera vita sia cazzeggio), lo stereotipo mentale che è tempo di “sistemarsi” e, più di ogni altra cosa, il bisogno di COSE.

La macchina, il computer, il lettore mp3, la libreria expedit, le sigarette.

Questo tira ben più di un pelo di fica, come dicono i nobili francesi.

E non è possibile evitarlo a meno di essere un sadhu indiano o uno stilita ellenico o un amish.

E io sono solo una ex-chiattilla, riciclata professionalmente, vintage e soggetta al fascino del possesso indiscriminato e alla necessità imprescindibile di prendere la TAV per scendere a Napoli e il tassì per tornare a casa.

E il mio lavoro mi piace pure, ma non basta a farmi sentire meglio.

Purtatem’ ‘e portuall’. (Tr.: Portatemi le arance).

Tempo e Voglia

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Soundtrack: Blade e Masquenada Family – Uma viagen nu tempo

Strano. In questo periodo quando ho tempo non ho voglia di scrivere e quando ho voglia di scrivere non ho tempo.

Peccato. Avevo anche predisposto una soundtrack nel cosino blu per una ipotesi di post che avevo tutta nella capuzzella. Ma non mi ricordo più.

Stasera ho fatto un bagno nel mio passato remoto. Che meraviglia e che distanza.

Ho incontrato una amica che non vedevo da 10 anni e che, caso incredibile, si è trasferita a Roma da quattro mesi.

Ho ricordato la mia casa di Cappella Vecchia, che definire casa era una gentilezza. 18 metri quadri nel chiostro di un convento del 400 in pieno centro di Naples. Ed era refugium peccatorum e area di sosta per una enorme quantità di gente ad ogni ora del giorno e della notte. Era la mia casa, a mia misura.

Almeno 2 convivenze in quella cuccetta. Una delle due lunga 3 anni. E con tutti i suoi strumenti di chitarrista. Persone ovunque e dovunque. Feste open con 70/80 persone. Incredibile a ripensarci.

Ho deciso che la prossima storia che mi capita di convivenza non se ne parla proprio. Sarei a quota 5, non ho intenzione di arrivarci. Ognuno a casa sua, ognuno nel suo lettuccio. La chiave di casa a nessuno. Intimità quotidiana inesistente.

Abbiamo già dato.

Che poi, si dice ma non si può sapere.

Effusioni in pubblico?

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Soundtrack: Les Nubians – Temperature Rising 

Oggi giornata fessa, da giorni poca ispirazione. Ho scritto qualcosa sulla mia gatta, non credo interessi ad alcuno.

Poi mi viene l’ansia che ci si aspetta un post al giorno.

Invece ho da lamentare, per l’ennesima volta, il fatto che mi manca la mia musica (una ventina di giga, mi ci vorrà un anno per rifarla), i miei raccontini, le mie rubriche e-mail e tutto quello che è rimasto sul computer di S**. Ci sarà una soluzione? Eventuali consigli sono benvenuti.

Se tutto va bene tra poco vado alla mostra della Pop Art con le mie amichette lipsick per eccellenza: R** & B**.

Vorrei spiegare quanto può essere difficile per me (che sono vintage e imbarazzosa, come si evince dal precedente post), uscire e circolare per il mondo con loro due.

L’ultima volta eravamo in treno: loro due al di là del TAVolino, io e un ragazzotto perfetto sconosciuto da questo lato.

Considerato che R&B si baciano in continuazione (lo giuro, neanche due adolescenti che adolescono), io ho cercato di scomparire come mio solito (a breve ne spiegherò le ragioni). Dopo un quarto d’ora il ragazzotto che le aveva di fronte si è arreso, ha reclinato il capo sul tavolino e ha finto di dormire fino a Roma. Io lo capisco, povero ragazzo, immagino anche l’emozione di trovarsi davanti all’incarnazione delle proprie fantasie e non poter fare nulla per gioire e partecipare. Senza contare che, secondo me, si vede benissimo che le ragazze non aspettano l’intervento di un hombre, ma se la cavano benissimo da sole.

Perché questa non è una questione da poco, se ne parla su tutti i forum lesbici d’Italia. In realtà noi non siamo riconosciute come entità sessuali, cosa che invece ormai succede ai ricchioni, siamo un accessorio sessuale e basta. Guardate che la questione è importante. E’ anche uno dei motivi che porta la maggior parte della gente a non occuparsi proprio di noi lesbiche. Alla fine il problema è che il mondo è cazzocentrico e, senza dubbio, quasi tutti pensano che due donne giochino, ma il sesso vero non lo fanno.

Un giorno parlerò anche del sesso tra donne e spiegherò bene l’immane fatica e dedizione che prevede.

Poi si aggiungono le nuove generazioni: le piccerelle etero, nelle discoteche, fanno finta di baciarsi per attirare maschietti brufolerrimi. Un gioco appunto. E le lesbopiccerelle, che assomigliano ad un incrocio tra Jennifer Lopez (negli indumenti), Britney Spears (negli atteggiamenti) e Simona Ventura (nella cafonaggine e nell’arroganza), confondono le idee.  

Sono una vintage, come detto e ripetuto, ho una formazione d’antan: ci si neutralizza, ci si nasconde, si finge altro, si fa finta di niente, ci si protegge da pericoli veri o presunti. Quindi mi vergogno molto. So benissimo che non è giusto, ma così funziona. Sono anche fiera del fatto che altre riescano a farlo, mi sembra bellissimo ed emozionante, mi sembra il momento, mi sembra un diritto e mi sembra meglio di 20 anni fa, ma a me non riesce, mi aspetto sempre che qualcuno mi arresti (ma non esistono leggi del genere in Italia!) o mi meni.

Né mi ricordo più com’ero quando ero etero: mi baciavo o no per strada? e sul treno? secondo me sul treno no perché mi pare una situazione troppo promiscua. Ma davvero non lo so.

Insomma R&B sono una continua fonte di aneddoti e situazioni al limite. Se si baciano pure alle scuderie del Quirinale io mi consegno alla Polizia.

 

P.S. Il post scriptum lo sto inviando dalla camera di sicurezza del Quirinale…

Tra l’altro ieri sera prima puntata L WORD quinta serie. Solito fantasioso delirio, ma delizioso.

Ma si può ancora imbarazzarsi così?

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Soundtrack: Ojos de Brujos – Hijo del Sur

Oggi pomeriggio, al lavoro, lo psicologo del centro dove lavoro, e sottolineo PSICOLOGO, ha pensato bene di dire alla Neuropsichiatra responsabile del suddetto centro, che io ho un blog personale.

E, senza essere colto da nessun dubbio, è venuto da me a dirmi: “non riusciamo a entrare nel tuo blog, ci aiuti?”.

Ora, fermo restando che sono stata io a digitare l’url sul computer della NPI e che, di solito, affermo di essere una lesbica radicale senza macchia e senza paura e che, infine, tutte le mie colleghe giocano con la mia lesbitudine come si farebbe con un cucciolotto di labrador, mi sono imbarazzata come una foca.

Ancora? passati i 40? dopo 6 anni di psicoanalisi? dopo 30 anni di gestazione?

Non mi pare possibile, ma è accaduto.

Vulev’ sprufundà.

Sarà perché è il quasi-capo? naaaaa, di quello non me ne fotte proprio. Sarà perché bisogna dirlo subito ma proprio subito o dopo diventa difficile.

E pensare che mi ha ascoltato con pazienza durante i miei deliri post-relazione, con pazienza e cum grano salis. Ma io ho omesso, con raffinata maestria, pronomi, nomi e aggettivi, glissato sul genere e circumnavigato particolari. Consapevolmente. Colpevolmente. Così imparo.

Insomma, mi sono sentita come quando ero una post-adolescente e qualcuno mi diceva “ma state insieme tu e la tua amica?”. Mi diventavano le orecchie viola e la lingua di cartone ondulato. Mi si squagliavano ginocchia e gomiti e la pressione sanguigna raggiungeva livelli pre-ictus. E poi veniva fuori la voce di qualcun’altra installata nella mia gola, che diceva: “No, abbiamo un rapporto molto forte, siamo molto legate.”

Ero certa, in quei momenti, che davvero mi si sarebbe allungato il naso e accorciate le gambe (ulteriormente?), senza contare la possibilità di essere incenerita da un fulmine divino o inghiottita nell’inferno dei mentitori. Ma avrei sopportato tutto, pur di non dire l’orrida verità.

E la parola “lesbica” mi era impossibile pronunciarla. Proprio non ci riuscivo, oltre al fatto che la trovavo orrenda e sgradevole. Se poi dovevo, per forza e senza possibilità di utilizzare sinonimi o bypassare l’argomento, pronunciare la parola “omosessuale”, venivo colta da paralisi cordale, afonia isterica, paresi linguale e caduta delle guance.

I tempi cambiano, grazie a Dio.

Superando quindi l’inusuale imbarazzo provato nei confronti della Neuropsichiatra, alla quale peraltro credo i cazzi miei non interessino minimamente, vorrei spendere due parole a favore del termine “lesbica”.

In fondo non ha altro significato che non sia “donna che ama un’altra donna”, non ha sinonimi e non si può riferire ad altri che a una donna. Per quanto ci si sforzi, non è un insulto (quanto lo è ricchione o frocio o finocchio o puttana). Insomma è una parola che ha una unicità rara nella lingua italiana. Letteralmente significa “donna proveniente da Lesbo”, una bellissima isola greca, nasce da una tradizione poetica, nell’immaginario collettivo maschile è una biondona nordica con le unghie lunghe che fa un sesso fantastico, non ha metafore equivalenti e non indica una pratica sessuale in particolare. Non lo trovate strano?

Se non altro particolare e mi pare meriti un certo rispetto.

L’ho imparato da poco.

Naturalmente, non è detto che giovedì prossimo, quando rivedrò la NPI, io non diventi rossa come il neon di un sexy shop.

Wait… file uploading “Ciro”

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Soundtrack:  Noa – Torna a Surriento

Lo so, aspettate nuove succose news, tips and cheats sul mondo lesbico.

Ma adda arrivà l’ispirazione.

Stasera discutevamo con la R** che, per alcune lesbiche, sarebbe necessario creare categorie ad hoc del tutto uniche e personalizzate. La cosiddetta categoria “Ciro” (da una vecchia barzelletta su un padre alla ricerca del figlio appena nato tra nidi per neonati belli, bellini, brutti, bruttini e infine “Ciro”). Mi rompo di metterla per iscritto, ma si capisce.

Dunque le lesbiche categoria “Ciro” sono quelle che tu hai conosciuto, almeno 10 anni fa, come cucciolotte un po’ sbavose che saltellavano grate e affamate  intorno alle lesbiche alfa.

Perché nei gruppi di lesbiche esistono le alfa, le beta e le omega, come appare ormai assolutamente evidente. Un po’ come per i gatti; sia chiaro, questo è un segno di pura femminilità, d’altronde le lesbiche sono innanzitutto femmine, e poi femmine al quadrato. Non vi inganni il fatto che non si truccano. Il trucco, il tacco, il vestitino con le bretelline a spalle nude con -7 di temperatura esterna,  sono metodi di seduzione destinati agli uomini, non certo necessità femminili. Le vere necessità femminili sono calore, praticità, velocità di preparazione e sbraco. Chiedete alle etero sincere, chiedete alle donne sposate e chiedete a me.

Allora, le “Ciro” le avete lasciate agli albori del loro percorso di omosessualità rivelata, mentre emettevano i primi e fastidiosi vagiti all’interno di discoteche e feste private, le avete evitate mentre vi inseguivano incalzandovi di domande a raffica che non prevedevano l’ascolto di risposte.

Poi le avete viste fidanzate e avete seguito i loro primi passi nel gorgo dei tipici passatempi lesbici (il gioco dei quattro cantoni, la giostra delle ex, gli innamoramenti per etero inespugnabili, le relazioni parallele, i ritorni di fiamma e così via).

Dopo anni, quando ormai pensate di averle viste tutte e avete del tutto dimenticato il passaggio di una “Ciro” nella vostra vita, la incontrate da qualche parte.

Ed è puro teatro.

La “Ciro” non è upper, non è lipstick, non è vintage e non è camion. La “Ciro” è totalmente mitomane.

Vi racconterà con aria annoiata e vissuta di come tutti la vogliono, di quanto è desiderata, di quante storie in parallelo vive (una straniera, una donna sposata e una stupida ma troooppo bella), vi farà domande delle quali conosce la risposta e quindi non ascolterà neanche per un attimo.

Tornerete a casa con la consapevolezza di avere avuto a che fare con un essere proveniente da un mondo parallelo e pregherete, con generosità, perché nessuna vostra amica possa mai pensare, neanche per un attimo: “carina quella bionda”.

Finalmente il capodanno che volevo.

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Soundtrack:  Incognito – Still a friend of mine

Oggi devastata, non ho più capacità di recupero. Ma non me ne fotte proprio…

Ho anche qualche difficoltà a formulare pensieri congrui  e ricordare regole ortografiche e morfosintattiche dell’italiano. E non ho neanche bevuto.

Ieri pomeriggio arrivate C** e I**, felici del nuovo tom tom che le ha condotte al mio indirizzo della grande metropoli senza i soliti intoppi. Il tom tom ha parte fondamentale nella serata.

Chiacchiere e chiacchiere, mi hanno portato i “sapori e Napule”, che sarebbero mozzarella e pane.

Quindi andate al boom, a trastevere, dallo zio di L** per cenone con il supporto del tomtom. Fantastico, una via diretta.

L** ci ha preparato un gran bel tavolo, con una composizione di candele rosse che mi ha permesso, in vari momenti della serata, di entrare in meravigliosi loop autistici piro-ossessivi.

Abbiamo mangiato e parlato, pariato su una cripto che tanto cripto poi non era, I** ha respinto l’assalto (letteralmente) di 3 dico tre ometti impazziti. Quando I** ha detto a uno di loro che eravamo un tavolo di lesbiche, l’intero gruppo di appartenenza dei manzi si è freddiato e ha smesso di festeggiare.

Domanda di C**: “Secondo te siamo desessualizzanti?”.

Mangiato e parlato e mangiato. Amiche. Nessuna pressione, nessuna finzione da ultimo dell’anno, nessuna estremizzazione di emozioni, nessuna ricerca del “qualcosa per stare bene”. Una meraviglia. Davvero il capodanno che volevo.

Quando ci siamo sentite stanche, siamo andate via. Un saluto alla mia nipote che lavorava al testaccio, e a casa.

Felice, io. Perché alla fine è stato un buon anno. Pieno di cose e persone e meraviglie e miracoli e gesti e fatti e emozioni e sensazioni e acquisizioni e novità e amicizia. Parola che ricorre, ormai ossessivamente.

Chiacchiere a casa e poi a nanna alle 4 e 30 dopo telefonata dalle maldive di Marco e Francesco.

Ore 5.00: chiama Elide. Senza taxi, senza bus, senza niente. Mi vesto e scendo con il tomtom, altrimenti sarei ancora in giro per Roma alla ricerca del mattatoio. Trovo mia nipote ibernata nel piazzale in compagnia di due individui sospettissimi che, invece, le avevano gentilmente fatto compagnia in attesa di me.Torniamo alle 6. Mi viene da ridere. Sono riuscita a fare l’alba anche senza andare in discoteca (unz-unz).

E sono felice. E sono fortunata. E tutto è andato come avrei voluto. Grazie

Baci e buon anno a tutti tutti