Soundtrack: Pink – Fingers
Giunse il momento di parlare di sesso tra donne.
Trattasi di argomento che mi imbarazza (cosa NON mi imbarazza?). Ma s’adda fare.
Mi sa che dovrò dividerlo in più capitoli, ci sono troppe cose da dire.
Niente a che vedere con quello che si vede nei film porno, quello è fantasy, nel senso di genere cinematografico: unghie di 22 chilometri, bracciali pesantissimi, anelli su tutte le dita, distanze incomprensibili e gesti inutili. Tanto vale andarsi a guardare Il Signore degli Anelli.
Il sesso tra donne è FATICOSISSIMO. Per questo può essere espletato solo nei periodi di passione irrefrenabile o di richiamo ormonale incoercibile. Al di fuori di questi due momenti topici, semplicemente non si fa, è notorio.
Infatti gli americani, che hanno deliziose definizioni per tutto, ne hanno trovata una per noi nel lontano 1983: LBD Syndrome, ovvero Lesbian Bed Death Syndrome, ovvero sindrome della Morte del Letto Lesbico.
Ed è per la fatica immane che, di solito, le lesbiche non hanno una vita sessuale promiscua come quella dei ricchioni. Per loro è veramente semplice, devono fare poco o niente e basta calarsi i pantaloni anche poco e utilizzare posizioni canoniche che non portano grande sforzo fisico.
Per noi no. First of all, noi donne siamo spaventosamente speculari, usiamo le mani e ci è complicato farlo in piedi (a meno di essere personal trainer di Madonna o una camion di lungo corso), siamo piene di paranoie romantico/sessuali, spesso lente a concludere, socialmente selettive e dotate di organo sessuale posizionato in un punto generalmente inaccessibile.
Quindi, primo problema: le mani.
Anelli e bracciali non vanno bene, le unghie lunghe manco a parlarne, lo smalto è meglio di no, se si è gentili d’animo e non si voglioni provocare irritazioni a chicchessia (in fact, una lesbica si riconosce anche dalle mani e, secondo me, la fascia di cuoio al polso è un “rinforzo sessuale”, poi spiegherò il perché a chi è tonto e non capisce). Dita corte? ‘na trascedia.
Secondo problema: siamo donne.
Immaginiamo un incontro del genere “sauna” o “cesso discoteca”. Assumiamo che si sia tipe scafate e non ci sia bisogno di tutta quella pippa sul corteggiamento, fiducia, presentazione, scambio di informazioni base (anche questo è un film Fantasy, ovviamente, se va così vuol dire che avete incontrato una elfa o una gnoma dei boschi). D’altra parte, consideriamo che qualcuna deve mettere le “mani in cuollo” a un’altra. Si sarà lavata le mani? ha le unghie pulite? dov’è stata prima? cosa ha toccato? Non sono problemi da poco. Sarà poi necessario eliminare anelli e bracciali – che altrimenti si impicciano ovunque – molto, molto velocemente, perché noi donne riusciamo a cambiare idea in un nanosecondo e per le motivazioni più inverosimili (un neo nel posto sbagliato, un sapore sgradito, un capello fuori posto) e non bisogna tergiversare MAI.
Terzo problema: gli indumenti.
Liberate le mani, passiamo alla questione pantaloni. Perché le lesbiche, si sa, non portano gonne. Ringraziando il cielo non portano spesso i collant, almeno questo. Ma i pantaloni sono quasi sempre stretti, bisogna creare un minimo di spazio per l’infilaggio della mano e, purtroppo, questo indumento è dotato di uno strumento di tortura per lesbiche che si chiama: chiusura lampo. Essa è fornita di piccoli e bastardissimi dentini di ferro. Costoro si introietteranno (come una lama nel burro), nella pelle del polso della scafata fino a provocare piaghe inguaribili, soprattutto se l’altra è un po’ lenta di chiamata e ci mette parecchio.
Ma, quarto problema: l’altezza.
Se è più bassa di te, non ci arrivi, se è più alta, sei ridicola nell’immagine di arrampicaggio che offri al pubblico.
Infine, il polso. Se hai il tunnel carpale, puoi considerarti impotente.
E non ci sono pompette in vendita su internet. Il polso, poverino, sarà costretto a sopportare il dolore del morso assassino della chiusura lampo, adattarsi ad uno spazio sufficiente sì e no ad ospitare un foglio di carta (nel senso di spessore) e mantenere attiva la circolazione della mano bloccata dalla molla della mutanda, uso laccio emostatico.
Il tutto cercando di controllare un movimento, perché quel polso e quella mano si devono muovere.
Ho visto donne lacrimare e sostenere che fosse per la commozione.
Invece era il dolore.
Tutto questo, nell’eventualità di un incontro fugace e semi-pubblico. E mi sono trattenuta per scuorno (vedi imbarazzo), di solito quando lo racconto verbalmente sono molto più volgare di così.
Non vi venga in mente che a letto sia più semplice. Lì partono legamenti e lussazioni. Ma questa è un’altra storia.
* Il laccio di cuoio, secondo me, serve per proteggersi dalle chiusure lampo e ha la funzione del cinto erniario dei sollevatori di pesi: comprime e blocca il polso. Non so se mi sono spiegata.