Soundtrack: Elisa – Qualcosa che non c’è
Questo è l’ultimo post che la riguarda.
– che affermazione definitiva e drammatica… –
Perché mi so’ un po’ rotta. Sono stanca di perseguire un controllo che non voglio più avere e di essere, in qualche modo, controllata.
Ho esplorato tutti i possibili antri dell’ossessione per non guardarmi in faccia e per non accettare che qualcosa su cui avevo messo aspettative e impegno abbia potuto non funzionare.
Perché alla fine è questo: intolleranza alla frustrazione e sottile invidia per la sua capacità di non mettere uno stracazzo in discussione e continuare come se niente fosse mentre a me sembra di buttare il sangue.
Ma io sto buttando il sangue su me stessa, su quello che stavo facendo (molto, molto tempo fa) e che ho smesso di fare.
Sono uscita da questa storia con un senso di umiliazione che non ha a che fare con la fine della storia, ma con il mio progressivo e inesorabile lavoro sull’annullamento di me stessa. E questo è un mio problema. Non si ama così, questo non è amare, è farsi e fare male.
Farsi male perché lo so – e lo sapevo da prima, ma pare che la maggior parte delle volte la consapevolezza, l’analisi e l’esperienza siano scimmie sorde e cieche e mute – che annullarsi serve solo a entrare in stand-by con l’esistenza, che ti toglie il quotidiano, ti rende sorda a te stessa e a chiunque, che ti blocca qualunque evoluzione, qualunque crescita, qualunque relazione.
Fare male perché quando smetti di avere una personalità smetti di lavorare con e sull’altra che ti sta a fianco, smetti di esserne referente e referito, smetti di essere specchio e specchiato, confronto/ato, supporto/ato. Così le storie e le persone non crescono, restano tutti, invariabilmente e spaventosamente, al palo. Potrei tentare di sostenere la tesi che: però-lei-poteva-andare-avanti-e-restituire-a-me-l’immagine-di-ciò-che-ero-diventata-e-poi-aiutare-me-a-cambiare-e-capire.
Ma non è così. Perché è una questione mia.
E non importa quali siano le motivazioni che ti portano ad annullarti, esistono certamente momenti dell’esistenza che ti portano in un posto e non in un altro perché quello è il posto dove ti senti a tuo agio. Ma poi le motivazioni cambiano.
E resta l’immagine che ho di me.
Un’immagine che non mi piace più, non parla di me, non ha più niente a che vedere con me.
E allora su questa storia non c’è altro da dire.
Vorrei essere sensibile e acculturata abbastanza da citare una qualche poesia di autore planetario o teorie filosofiche tedesche del secolo scorso, ma so’ rozza e mi viene in mente solo la canzone di Elisa che ho messo come soundtrack virtuale al post.
Sono oberata di impegni, diceva una mia mitologica amica e, infatti, ho da fare.
Ccià